Ama il tuo lavoro e saranno ca**i, ogni giorno della tua vita
Perché Confucio aveva ragione, ma fino a un certo punto. I boomer e la Post Social Media Era. Folle vs tribù.
Credo sia un problema, e anche una bella fregatura, provare piacere per il proprio lavoro. C’è un detto, un aforisma che leggo da anni sui social, che dice «Scegli il lavoro che ami e non lavorerai mai, neanche per un giorno in tutta la tua vita». Senza andare su Google a controllare – a volte preferisco l’esercizio della memoria, a costo di fare qualche brutta figura – penso sia stata attribuita a Confucio. Ora, io non so che lavoro facesse precisamente il signor Confucio, sicuramente era meno esposto alle notifiche, alle email, alle chiamate a tutte le ore, ai workflow. Poi, sul fatto che lo amasse non metto bocca e gli credo.
Questa settimana ho lavorato più del solito. Niente di preoccupante, non ho mandato email di notte e non ho fatto levatacce di mattina, se non per andare a correre o fare sport, eppure ho dedicato quasi sempre più di otto ore al lavoro. Ieri sera, mentre chiudevo un evento online e davo un’occhiata alle ultime email, sistemando i miei progetti nelle cartelle giuste (ho una cartella “Oggi To DO” sul desktop, in cui metto i progetti di cui mi occuperò il giorno dopo), ho provato una strana sensazione di piacere. Dirai: «Be’, bello, no?». Non lo so. Non sentire quel desiderio di chiudere tutto, di rimandare al giorno dopo, di staccarmi da quel flusso in cui ero finito piacevolmente dopo una giornata intensa di lavoro mi ha fatto riflettere.
Amo così tanto quello che faccio che sta diventando la cosa più importante per me? Allora non va bene. Il rischio è quello – direbbe Paolo Sorrentino – di diventare abili. Dobbiamo appassionarci a quello che facciamo, dedicarci tempo, attenzione, cura. Anche innamorarci semmai, ma mai farla diventare la cosa più importante in assoluto. Altrimenti, caro Confucio 3.0, lavorerai dodici ore al giorno, tutti i giorni della tua vita. Con amore sì, ma sempre davanti a un computer. E a me, questa settimana è capitato almeno tre giorni su cinque.
Tu che rapporto hai con il tuo lavoro?
Alcuni segnali che mi hanno fatto scattare un campanello d’allarme
Vado a correre e, appena sento un po’ di stanchezza (fisica), non vedo l’ora di tornare al calduccio del mio studio a battere le dita sulla tastiera.
A pranzo decido di prendermi almeno un’ora e mezzo di stacco, ma poi inizio a guardare le email dopo meno di un’ora.
Il suono della mia tastiera – aridaje – mi emoziona.
L’arrivo di una nuova email mi provoca dopamina: emozione o sconforto, se sono troppe assieme. Piccolo consiglio: quando è così, non le leggere subito, scegli un momento della mattina (per esempio, dalle 10.30 alle 11.00) per farlo e smarcare le più importanti.
Chiudo tutto, esco dallo studio/ufficio e controllo sullo smartphone eventuali notifiche (Ma come? Avevo il pc acceso fino a cinque minuti fa…).
Non guardo l’orario. Va bene essere nel flusso, ma il controllo del tempo è importante. A mio parere, bisogna invece “giocare” con l’orologio. Mancano quindici minuti, devo finire questa attività. A volte “bene” è meglio di “perfetto”.
Ricordati che c’è chi ha ribaltato una finale di Champions League in tre minuti.
(È uno dei miei esempi preferiti, quando sento qualcuno che mi dice: «Tra quindici minuti devo uscire, ormai non riesco più a farlo»)
Ci tengo a sapere cosa ne pensi, anche qualora per te non valga nessuno di questi assunti o sia nella condizione opposta: non amo quello che faccio e non vedo l’ora di chiudere tutto.
I boomer e la Post Social Media Era
Tornando a cose più pratiche, è stata una settimana importante per il mio prossimo libro, Post Social Media Era. Con Sebastiano Zanolli e Leandra Borsci abbiamo intervistato Paolo Iabichino. Ascoltarlo è sempre molto piacevole, c’è stato un momento in cui mi ha davvero emozionato, quando ha detto – è solo un piccolo spoiler – che la Post Social Media Era ha bisogno di noi boomer. Il perché lo scoprirai nel capitolo del libro dedicato al futuro.
Folle vs tribù
Come saranno i prossimi vent’anni? Riusciremo finalmente a fare incontrare gli algoritmi con gli atomi? A tornare a parlare di tribù e non di folle?
«La folla non è una tribù.
La folla è una tribù senza un leader. Una tribù senza possibilità di comunicazione.
La maggior parte delle organizzazioni dedica il proprio tempo a vendere a una folla. Le aziende più accorte riuniscono tribù.
Le folle sono interessanti, possono produrre ogni tipo di manufatto utile e avere un impatto sul mercato. Ma le tribù resistono più a lungo e sono più efficaci.
Le tribù più importanti sono stanche del passato e guardano al futuro».
(Tratto da Tribù, Seth Godin, 2022)
Prima di augurarti un buon fine settimana, un piccolo ragguaglio delle cose molto belle che stiamo facendo. Il corso di narrazione sportiva sta venendo benissimo, lunedì avremo Mauro Berruto e una testimonianza dell’azienda Macron, che parlerà di maglie da calcio e di heritage. Giovedì 10 ti invito a un open day – ti basta solo rispondere qui, Vengo – con Fulvio Paglialunga e Alessandro Gazzi, autore del bellissimo romanzo Un lavoro da mediano. Ansia, sudore e serie A. La Classe va avanti, ma soprattutto sta per arrivare il nostro evento live. Lo faremo in un posto bellissimo dove potremo stare insieme per tre giorni, formarci, studiare, fare sport, andare in piscina, al mare, fare networking e tante altre cose. Perché è il momento di far incontrare di nuovo algoritmi e atomi. E perché, se scegli un lavoro che ami, hai bisogno anche di fare qualcosa che non sia solo lavorare.
Io sono Cristiano Carriero e questa è L’ho fatto a Posta. Ti aspetto, scrivimi un’email a cristiano@lacontent.it per saperne di più e prenotare il tuo posto in anticipo.
Buon fine settimana, ora sì.
Vengo! Con tutto il cuore di una GenX ;)
Vengo!