Camminando, i pensieri si levigano
Dove si parla di coraggio e di paura, di piano B, del fatto che non abbiamo più bisogno di eroi, dell'idea di tornare in Africa e dove si ascolta un podcast sul Personal Branding
Siamo la generazione del piano B. Lavorare in questo paese fa così schifo che, anche se fai il miracolo di raggiungere la posizione per cui hai studiato, dopo due anni ne hai le palle piene e inizi a elaborare il tuo piano B. Quasi sempre si tratta di un agriturismo, questo quando allo schifo per il lavoro si aggiunge lo schifo per la città. È il miraggio di una vita migliore, più sana, con più tempo a disposizione. Più tempo per pensare e per scoprire che sei infelice lo stesso, che il lavoro non c’entrava un cavolo e nemmeno la città. Hai traslocato e la prima cosa che hai messo in valigia sono stati i tuoi problemi. E adesso te li ritrovi lì, sulla splendida collinetta immersa nella campagna incontaminata. Sogni il paesino dove tutti sono gentili e ti ritrovi circondato dagli stessi stronzi di sempre, con l’unica differenza che non puoi uscire di casa senza trovarteli sempre tra i piedi.
Fabio Bartolomei, Giulia 1300 e altri miracoli
Ti avevo parlato di una bella chiacchierata itinerante con Federico Favot, a Sorgono. Finalmente è uscita, e le prime reazioni al podcast sono state molto positive.
Abbiamo parlato di Personal Branding, potrei riassumere la camminata in 4 macro punti:
1. Non strafare, vai di pari passo con la tua esperienza per essere credibile.
2. Il personal branding non si fa, si alimenta. Come costruire una casa un mattone alla volta per dargli stabilità.
3. É importante lavorarci sia da freelance che da professionista, ti posiziona. Ed è una garanzia per il futuro, sia che tu voglia restare tutta la vita in azienda (anche nella stessa), sia in caso di piano B (che non per forza dev’essere un agriturismo fuori città, ma mi andava di citare uno dei miei libri preferiti)
4. (Bonus) Anche stare in silenzio a volte é personal brand!
Camminando i pensieri si levigano, è una regola fisica
Durante la nostra passeggiata abbiamo premiato anche i silenzi, i respiri, le pause. Esattamente come dovremmo fare nel racconto di noi stesse e noi stessi. Non c’è bisogno di riempire tutti gli spazi di un calendario editoriale, di fare uno storytelling continuo, di produrre una mole di contenuti eccessiva. Anche in questo, dobbiamo diventare sostenibili.
Personalmente credo non sia nemmeno più tempo di vincere “la guerra dell’attenzione”. È un cammino, non è una guerra. E l’attenzione, nel prossimo futuro, si conquisterà sempre più con il rispetto e sempre meno con le armi. Fossero anche metaforiche, è ora di cambiare linguaggio.
Dobbiamo rivedere il concetto di Viaggio dell’eroe
Lo abbiamo portato all’estremo. Si vedono troppi eroi in giro. Personaggi che passano troppo tempo a dare consigli e poco a far accadere cose. Si sono costruiti vite e narrazioni perfette che però sono fallaci, possono svanire da un momento all’altro, e per questo ci creano ansia, insoddisfazione, infelicità. Ci fanno sentire inadeguati, persino quando siamo consapevoli di avere delle capacità e del talenti. Inadeguati perché non ci raccontiamo abbastanza. Ma non è così. Quando capiremo che lo storytelling funziona se passiamo l’80% del nostro tempo a cercare di far accadere cose da raccontare e il resto del tempo a produrre contenuti (non viceversa), sarà un grande giorno.
Lo storytelling, il nostro storytelling, funziona quando leggiamo un libro che altri non hanno letto. Quando guardiamo un film soffermandoci sui dettagli. Quando proviamo a scrivere su un foglio ciò che ci è capitato. Quando impariamo una cosa nuova a lavoro. Quando andiamo ad un evento e ci presentiamo a qualcuno. Quando cambiamo programmi e accade l’inaspettato. Quando accettiamo un feedback duro, ma importante. Quando non scartiamo un’idea perché “tanto è troppo complicato”.
Degli eroi non ci servono i super poteri, ma il coraggio e la paura (Sì, anche quella).
E poi i super eroi sono in crisi, lo sai?
Ne ha parlato Valerio Bassan nella sua newsletter. Molti analisti hanno parlato di una crescente superhero fatigue, una stanchezza di fondo, un “disinnamoramento” che il pubblico starebbe accusando rispetto ai personaggi coi superpoteri e al loro potenziale attrattivo.
Qualcuno l’ha definita «una crisi di mezza età per il genere».
Back to Africa
Che sia per sfuggire dalle diffuse forme di razzismo o per rientrare in contatto con la terra da cui discendono, un numero sempre maggiore di afroamericani sta decidendo di lasciare gli Stati Uniti per ristabilirsi in Africa. Una tendenza dei neri ad andarsene dagli Usa che è stata ribattezzata Blaxit, un chiaro riferimento al termine Brexit con cui si indica l’uscita del Regno Unito dall’Ue. Come nota il Nyt, questa migrazione verso l’Africa rimane un fenomeno piuttosto in crescita nonostante la permanenza di importanti differenze a livello sociale, come ad esempio il mancato rispetto dei diritti Lgbtq in diverse zone del continente.
In prima linea c’è il Ghana che nel 2019 ha celebrato l’Year of Return, nel 400esimo anniversario dal trasferimento dei primi schiavi in America. Nel 2020 il Paese ha lanciato la campagna decennale “Beyond the Return” per attirare gli afroamericani: in questi cinque anni sono già stati in 1500 a trasferirsi (Dw). La Sierra Leone ha invece stretto un accordo con la società genetica African Ancestry per facilitare il rilascio della cittadinanza a chi dimostri legami anche ancestrali con la terra d’origine.
Sto studiando il fenomeno, perché il 25 e 26 marzo presenteremo all’UE il progetto della Regione Puglia, Mare a Sinistra. Si tratta di un progetto di attrazione e valorizzazione di talenti, ma per me è molto interessante capire come viene affrontato il tema del “ritorno” in altri Paesi o, in questo caso, in altri continenti. In fondo Ulisse non è così distante da noi.
Fare un rebranding vuol dire stravolgere un marchio?
No, tanto che Gretel ha deciso di lasciare quello di IBM praticamente uguale. So cosa stai pensando: e quindi hanno pagato qualcuno per farsi dire “lasciate tutto com’è?”. Sì, e anche profumatamente a quanto pare.
Sto scrivendo questa newsletter dal treno, sono diretto a Bologna dove in questo weekend abbiamo organizzato (noi de La Content) “Il giro del mondo in 12 libri” assieme a Lucy sulla Cultura. Sono molto felice perché conoscerò Loredana Lipperini, e sarà lei a raccontarci autori srilankesi, pakistani, sudamericani e giapponesi grazie anche alla presenza di Monica Acito, Nadeesha Uyangoda e Laura Imai Messina.
Si parla per leggere, perché imparare a leggere e a essere curiosi è importante per scrivere, o anche per non scrivere.
A proposito di Loredana Lipperini: per la Giornata internazionale della donna, ho scelto una sua frase, che vorrei fare mia.
Sarebbe bello, intanto, che non fossero obbligate a stare sempre dalla parte del giuste.
Non credo serva aggiungere molto altro, su L’Espresso trovate il suo articolo Donne libere da ogni stereotipo, ribelli sul serio. E se non vi piace la copertina che ritrae Chiara Ferragni travestita da Joker, prendiamoci qualche giorno prima di commentarla. Non oggi, non ora.
Io sono Cristiano Carriero, speaker, imprenditore e autore e questa è L’ho fatto a Posta.
Dal diario della gratitudine della settimana:
Un raggio di sole che entra dal finestrino e illumina il mio taccuino mentre scrivo
Il video di una bambina che balla con la mamma in una casa priva di mobili. Ha solo un tetto, pochi soldi, molta libertà. Quella bambina è Eleonora.
Far cadere lentamente l’olio sui carpacci di pesce
Dormire in un B&B del centro nella mia città, Bari, e sentirsi un turista a casa propria
Rivedere due vecchi amici e dirsi tutto, ma proprio tutto
Trovarsi a cena con un gruppo di sconosciuti e dirsi tutto lo stesso, ma proprio tutto
Comprare un volo per Dublino senza sapere che ne sarà di me a luglio
Ascoltare Le mie parole di Samuele Bersani e decidere che aprirò così Lo Storytelling Festival
Ascoltare Vanessa mentre presenta un progetto ad un cliente
Indossare una giacca nuova su una t-shirt bianca
Sono notti interminate, scoppi di risate,
facce sovraesposte per il troppo sole;
Sono questo le parole, dolci o rancorose,
piene di rispetto oppure indecorose;
Sono mio padre e mia madre,
un bacio a testa prima del sonno, un altro prima di partire;
Le parole che ho detto e chissà quante ancora devono venire
Le mie parole, Samuele Bersani
Last but not least!
Abbiamo aggiunto altri 100 biglietti per ABCD, A Bari capitale digitale (12 e 13 aprile). Il 22 marzo sarò speaker a Puglia Women Ai, il primo bootcamp al femminile sull’intelligenza artificiale. L’8 aprile parte “La gioia di scrivere”, il corso online de La Content con Matteo B.Bianchi. Siccome la prima classe è andata sold out, ne abbiamo aperto una seconda.
That’s all folks.
Fai buon fine settimana!
bella come sempre, niente da dire … sulla cosa dei supererori vorrei solo dire che è un filone in calo perché a noi cresciuti a pane, Mazinga e fumetti dell'editoriale Corno è stato detto tutto e quello che è mancato nella narrazione dei grandi film al cinema è stata la narrazione dell'erore in tutte le sue sfaccettature, abbiamo messo in evidenza i comprimari, gli scenari, la rappresentazione dei poteri. Ma pochi di questi prodotti hanno toccato l'essenza del personaggio, portando lo spettatore ad affezionarsi. Come magari si è affezionato a personaggi normali di serie tv normali (Sheldon? i ragazzi di Friends?).
Manca poi l'humus delle nuove leve che leggono fumetti, in generale. Anche questo trovo sia grave. Non si può scoprire quel medium solo a vent'anni o più. È una cosa che ti deve pervadere.
Mi hai fatto pensare che ti devo regalare una cosa… ti scrivo in privato va.