Che fai a capodanno?
Dove si parla di cenoni fantozziani, conti alla rovescia, aspettative troppo alte e della riscoperta della bellezza della normalità.
Pare che il capodanno non vada più di moda.
Non c’è una persona con cui parlo che abbia chiaro cosa fare, dove andare, con chi stare (forse con chi stare sì). È come se questa festa ci abbia chiesto troppo, nel corso degli anni. Troppe aspettative, troppi proclami, troppi buoni propositi mandati in vacca dopo un paio di settimane, troppe mutande rosse, troppo cibo, troppi soldi. Hype, lo chiamano così.
Viviamo giorni di riscoperta di una straordinaria normalità. Mi ha colpito molto questo post di Tlon.it
Come se all’improvviso ci fossimo resi conto che tutta questa esternazione di (finta) felicità, l’ansia di vetrinizzare le nostre giornate, non valga più la pena. E quel è la massima espressione di questo Christmas Blues* se non il capodanno?
Sto passando delle vacanze bellissime, non posso chiedere di meglio. Per me che sto sempre in giro non c’è nulla di meglio di tornare a Bari, a casa mia, e non dover guardare - non dico “fare” - nemmeno una volta la valigia. Cucinare a casa senza pretese gourmet, uscire a fare servizi nel quartiere, vedere gli amici di sempre, passare il Natale con i parenti, andare allo stadio, lavorare un paio di ore al giorno (vuoi per non accumulare cose, vuoi per pianificare, vuoi perché alla fine il mio lavoro mi piace davvero). Ho letto, ho scritto, mi sono annoiato, e questa è certamente la cosa più positiva.
Paolo Villaggio, in Fantozzi, prendeva già in giro (40 anni fa) l’attesa spasmodica verso il capodanno:
Per anni abbiamo pensato che questa scena non ci riguardasse e invece eccoci qui, a chiederci se davvero se non si possa rivedere questo concetto di festa a tutti i costi in un’epoca in cui lo straordinario ci pervade ogni giorno: nell’epoca dell’experience, è l’ordinarietà che è diventata eccezione.
A me basterebbe abolire i buoni propositi, le invettive verso l’anno che sta finendo (è sempre lui, il colpevole di tutto), i vestiti troppo fighi che rivisti qualche anno dopo fanno sempre tanta tristezza, i conti alla rovescia - ecco i conti alla rovescia mi fanno veramente schifo -, gli auguri sentitissimi allo sconosciuto che ci capita come vicino di posto alle cene.
E tu, che fai a capodanno?
Io sono Cristiano Carriero, questa è L’ho fatto a Posta e la mia è una piccola ma sentita invettiva contro i countdown. Ma anche una scusa per augurati delle feste serene, degli straordinari momenti di ordinarietà e il meglio per i tuoi progetti presenti e futuri.
*il Christmas Blues è quel senso di tristezza profonda che colpisce sempre più persone durante il periodo natalizio.
“Vetrinizzare le nostre giornate”, il passaggio più bello. Personalmente ho nostalgia di pochissimi capodanni, passati nella semplicità della famiglia a giocare. Credo che questa newsletter parli di qualcosa di molto più ampio, “vetrinizziamo” giornate anche durante l’anno e credo che gli anni appena trascorsi ci abbiano insegnato molto e, forse, un’idea più concreta di vulnerabilità (per la serie, è ok anche non avere grandi piani per Capodanno 😉)