Delusione, non dramma
E nemmeno "tragedia". L'importanza delle giuste parole, dello storytelling non tossico e dei Mondiali a cui l'Italia non parteciperà.
Se non fosse stato per i Mondiali, non avrei conosciuto mia moglie.
Può sembrare un’affermazione forte, ma è davvero così. D’altronde non fosse stato per Maradona, Paolo Sorrentino non sarebbe nemmeno vivo. Ho conosciuto Eleonora in un pub, la notte di Italia - Inghilterra, Mondiali brasiliani del 2014. Io ero lì con i miei amici, lei con le sue amiche, poi le reti, gli abbracci, gli sguardi. Ci pensiamo spesso. Ci pensavamo l’altra sera dopo l’eliminazione dell’Italia dai Mondiali. Ci sono troppe cose serie e brutte nel mondo per parlare di dramma, infatti non lo è. Da qualche mese a questa parte mi sto allenando ad usare le parole giuste, chiedo di farlo anche a chi fa i corsi con me. Niente termini della guerra per parlare di sport, niente tragedie, niente metafore sanguinose.
Quando ero piccolo mio padre mi regalò un piccola jingle ball - allego foto dimostrativa per chi non sapesse di cosa si tratta - con una serie di bandierine. In occasione dei Mondiali del ‘90 avevano creato questo piccolo prodigio per ascoltare gli inni di tutte le nazionali. Mi innamorai di quello dell’Unione Sovietica - che però, usando le parole di Federica Buffa, non era più né tanto unita, né tanto sovietica -, di quello degli Stati Uniti e dell’Inghilterra. Mi piacque molto anche quello della Germania, che si presentava ai Mondiali italiani con il nome di Germania Ovest, mia madre mi spiegò il perché. Ho iniziato a conoscere la geografia - direi anche l’antropologia - grazie a quei Mondiali, poi ho continuato con quelli del 1994, - e chi aveva mai sentito parlare di Bulgaria? Bog e Bulgarska - e del 1998 quando mi sono emozionato per la prima partecipazione, e che partecipazione - ad un Mondiale della Croazia. Prima di loro la Jugoslavia: quella fortissima che non vinceva mai, quella dell’ultimo rigore di Faruk, e del ritornello sei stati, cinque nazioni, quattro lingue, tre religioni, due alfabeti e un solo Tito!
Potrei andare avanti ore, parlare del Senegal al Mondiale di Corea e Giappone o dell’Ucraina che per la prima volta ottiene una storica qualificazione ai quarti di finale nel 2006, dove verrà eliminata solo dalla squadra campione del Mondo. L’Italia, appunto. “I Mondiali di calcio hanno scandito i tempi della nostra vita e scandiranno i tempi che verranno” dice Federico Buffa in un suo famosissimo programma. È grazie ad appuntamenti come questi che conosciamo storie come quella dell’Unione Sovietica - ancora loro - che decide di non presentarsi in Cile nel ‘73 a pochi mesi dal golpe di Pinochet perché non vuole giocare nello stadio Nazionale di Santiago dove sono stati imprigionati i dissidenti. O ancora l’inverosimile storia dello Zaire del dittatore Mobuto che manda dei suoi commilitoni in Germania per dire ai giocatori di dimenticarsi delle loro famiglie se il Brasile nell’ultima partita gli farà più di tre gol.
Un’intera generazione non conoscerà l’ebbrezza dei Mondiali.
E non intendo quella sportiva, ma proprio quella della conoscenza. Ci sono certamente altri modi molto più affascinanti per conoscere la cultura, la geografia, le dittature, i muri che cadono o che purtroppo vengono nuovamente e anacronisticamente alzati. Il fatto che la Macedonia che ha eliminato l’Italia ieri si chiama “del Nord” perché i discendenti di Alessandro Magno hanno un problema con i balcanici. Il fatto stesso che abbiamo un problema con gli stati “Del nord” visto che gli azzurri non sono stati capaci di superare l’Irlanda, del Nord, a novembre a Belfast (questa storia potreste averla conosciuta anche grazie agli U2) e che nella memoria della storia della Nazionale resta l’onta di una sconfitta contro la Corea del Nord ai mondiali di Inghilterra.
Questa puntata di L’ho fatto a Posta non parla di calcio, e nemmeno di sport. È chiaramente condizionata dalla seconda mancata partecipazione consecutiva dell’Italia ai Mondiali, ma parla di unire i punti e di quanto è importante farlo. Di curiosità e domande che sono l’essenza delle storie e quindi dello storytelling, dell’importanza di andare oltre l’apparenza. Un gioco resta un gioco e la parola giusta per un tifoso è “delusione”, mai dramma.
La prossima settimana consegnerò il libro che sto finendo di scrivere insieme a Sebastiano Zanolli, Post social media era. È un saggio che interpreta il presente della comunicazione, con la voglia di anticipare il futuro. Sono molto felice di come sta prendendo forma, è un libro bello da leggere oltre che utile. Poi mi dedicherò all’ultima uscita di questo 2022, un manuale sullo storytelling tratto da un’opera di Bernadette Jiwa mia docente nel Master “The Brand Strategy Course” e autrice di molti bestseller. Poi con la scrittura di libri mi fermo un po’, anche perché dalla prossima settimana ricominciano i tour. Sarò ad Ascoli per Direzione Orizzonte, poi avrò il workshop de La Classe a Jesi, di nuovo Bari e ancora Cagliari, Torino e la nostra Fest in Calabria a fine maggio.
A proposito, La Content Fest prende forma.
Con il sito ci siamo quasi, ma nel frattempo ti lascio il link ad un pdf dove ci sono tutte le info per chi vuole partecipare o per chi vuole supportare La Content come partner. L’idea è quella di fare formazione all’interno di una festa, e non viceversa. Non ci basta più imparare e poi dedicarci ad una festa per una sera. Vogliamo farvi vivere un felicità e una gioia continua e in questo contesto inserire l’apprendimento. Forse siamo pazzi, dimostrateci che non siamo gli unici.
Vi lascio con una cosa che mi ha fatto scoprire Giorgio Taverniti - siete già iscritti alla sua newsletter, vero? - a sua volta segnalata da Giovanni Cappellotto (vedi il poter del networking): si chiama Day-one e puoi salvare appunti, idee, documenti, video, audio. Fammi sapere cosa te ne pare!
Io sono Cristiano Carriero e questa è L’ho fatto a Posta. Ti auguro un buon fine settimana e spero di incontrarti o sentirti presto. Nel dubbio, rispondimi.
“E se non avrai da dire niente di particolare, non ti devi preoccupare, io saprò capire”.