Dis-like economy
Dove si parla dell'emoji del pollice, di evoluzione del linguaggio, di una scimmia nel cassetto, del rapporto dell'Italia con il mare e di alcuni consigli di carriera che avrei voluto conoscere prima.
Per questa generazione, il 👍 è diventato emblema di uno dei significati profondi dell’essere padre: un cretinetti che ti mette in imbarazzo, ma che ti vuole tanto bene.
Circa 10 anni fa usciva un libro di Brian Carter chiamato “The like economy - how businesses make money with Facebook”. In copertina un bel pollice, simbolo di approvazione, consenso, condivisione.
Oggi, simbolo dei boomer e della passivo - aggressività.
I social stanno cambiando, dicono. Una decade, in effetti, è un tempo enorme. Alla fine del ‘900 siamo riusciti a distinguere benissimo i ‘70 dagli ‘80 e dai ‘90; facciamo certamente più fatica quando parliamo delle contemporaneità e dobbiamo renderci conto di certi cambiamenti. Negli anni ‘70 le tv erano ancora in bianco e nero, negli ‘80 c’era il videoregistratore e nel ‘90 i dvd, perché i social network non dovrebbero essere profondamente diversi a metà degli anni ‘20 di questo millennio?
Tlon scrive:
È diffusa una sorta di nausea; è finito l’hype da social, la frenesia della novità, la voglia di esserci e mostrarsi a ogni costo, l’urgenza di partecipare attivamente alla vita online, al “tema del giorno” su cui ognuno svolge il proprio compitino. Ed è diventato in pochissimo tempo tutto già vecchio e tutto già visto. Persino l’ostentazione del successo degli influencer, che sembrava intramontabile, sta nauseando la gente. E come un Dio smette di esistere senza le preghiere dei fedeli, così un influencer smette di esistere senza i like dei follower.
Neanche le battaglie sociali tirano più, sia quelle sacrosante che quelle utili solo al proprio engagement. Dopo anni in cui la nostra quotidianità è stata scandita da notifiche, condivisioni e commenti, i social sembrano aver raggiunto per molti un punto di non ritorno. Stiamo vivendo i postumi di un’indigestione sociale che non è solo frutto della quantità di tempo speso online, ma soprattutto della qualità delle interazioni: gli spazi digitali si sono finti piazze ma sono stati arene di battaglie, camere dell’eco e vetrine per narcisismi, in cui l’altro ci ha fatto da specchio perché esistevamo solo noi.
Il global report di Meltwater ci racconta che l'utente medio di Internet trascorre oggi 17 minuti in meno al giorno sui social - e meno male - ma soprattutto che sono drasticamente diminuiti i contenuti nativi creati dagli utenti sebbene siano aumentati, e molto, quelli creati dalla aziende e dalla media company, alcune delle quali hanno deciso di utilizzare i social come hub principale, contrariamente a quanto si diceva nei primi anni ‘10: “I contenuti di Facebook non sono i tuoi, sono di Facebook”. Per la fredda cronaca, si recensisce molto più raramente un libro, un film, si tende a parlare meno della propria squadra del cuore, è venuto meno quel meccanismo sul quale si sono rette le connessioni sociali nella prima decade. I social vengono usati principalmente come leva di personal branding (per chi ha contenuti, tempo e capacità di crearli) o come spazio di informazione e intrattenimento passivo.
Fine della like economy, con il pollice alzato destinato ad essere l’emoji preferita dei papà:
“Se gli dicessi che sono incinta, mi risponderebbe con un pollice.”
Le emoji, compresa quella del pollice alzato, sono parte della comunicazione digitale fin dagli anni Novanta, quando si usavano nelle chat room. Con il tempo si sono fatte strada anche nei servizi di messaggistica online e via cellulare. Vista la costante evoluzione del linguaggio, l’adozione delle emoji in sostituzione di certe parole ha perfettamente senso. Forse stiamo sottostimando la capacità dell’uomo di mezza età di restare al passo con i tempi.
Ma all’emoji del pollice alzato in particolare si associa una negatività contestuale. È semplice, certo, ma agli occhi di una persona giovane assume una sfumatura di indifferenza e sarcasmo. Quando siamo abituati - spiega un articolo di qualche anno fa pubblicato su Vice - a rispondere agli amici con l’emoji di un teschio a significare che quello che hanno scritto ci ha fatto ridere così tanto che ora siamo letteralmente morti, il pollice risulta quantomeno… strano.
“Il pollice alzato può mandare un messaggio passivo-aggressivo o dare l’idea che la conversazione non venga trattata con rispetto, specialmente se ha un argomento serio e fino a quel momento si è svolta a parole.”
Le tecniche comunicative dei boomer (uomini di mezza età, senza alcuna accezione negativa) sono spesso molto diverse rispetto a chi è cresciuto con internet, per esempio, quindi è ampiamente plausibile che non colgano il contesto bizzarro, stratificato e potenzialmente sardonico dietro una mano di pixel con il pollice alzato.
Se Facebook è ormai lo spazio del confronto passivo - aggressivo, viene spontaneo pensare che interagiremo di meno e con più cuori o abbracci. Le emoji sono solo uno stupido simbolo, ma raccontano molto della nostra epoca.
Benvenuti nella Dislike economy (chat di famiglia a parte).
Un manuale per introversi
“La vita cambia solo nel momento in cui prendiamo una decisione nuova, ragionata, sostenibile e ci impegniamo a realizzarla. Quando facciamo uscire la scimmia nel cassetto”. (Riccardo Scandellari - La scimmia nel cassetto)
Sono felice di annunciare l’uscita de La scimmia nel cassetto, (Hoepli), il nuovo libro di Riccardo Scandellari. Un “manuale per introversi”.
Declina la paura di esporsi per mancanza di esperienza, il timore del giudizio altrui e del fallimento con cui noi tutti facciamo i conti e che ci impedisce di osare, di tentare, di avere coraggio. Skande parte dal presupposto che in un mercato saturo in cui non ci sono più bisogni primari e neppure superflui da soddisfare – quindi da realizzare, vendere e acquistare perché tutti abbiamo tutto – vanno assecondati i desideri che spesso non si svelano se non per identificazione e che ci consegnano un senso di esclusività. Bandisce l’aggressività, introduce l’ascolto, la gentilezza e la necessità di dare sfogo all’urgenza che è in ciascuno di noi. Urgenza che lui definisce scimmia, che a un certo punto va liberata, senza tenerla, come certi sogni, chiusa nel cassetto.
Il libro lo trovi in pre-ordine qui, Riccardo Scandellari potrai conoscerlo di persona allo Storytelling Festival del 25 e 26 ottobre, a Bari. Biglietti qui, ancora per poco a 59 euro.
L’Italia ha paura del mare
Una settimana fa ho ascoltato questo podcast di Globo (Post), a cura di Francesco Maselli. Parla dello strano rapporto dell’Italia con il mare: siamo un paese con coste lunghissime, una grossa passerella sul Mediterraneo. Ma la storia, la cultura, la politica estera, persino la cucina, non sono quelle di un paese per cui il mare è così importante.
Mi chiamo Cristiano Carriero e sono nato a Bari. Quando ero piccolo, mia madre e mio padre mi portarono allo stadio della Vittoria a portare da bere e da mangiare ai fratelli albanesi che erano arrivati con la nave Vlora. Ancora oggi, lo reputo il loro più grande insegnamento: non avere paura del mare. Il mare è apertura, non chiusura. L’allora sindaco di Bari, Enrico Dalfino, disse:
Eppure la Gazzetta del Mezzogiorno usò solo una parola per il titolo del 9 agosto: “Invasione”. Sottotitolo: senza speranza. Editoriale: devono andarsene. Fondo: Presidente, no.
Sì, l’Italia ha sempre avuto paura del mare, ma noi baresi meno. Tanto da chiamare quel largo “Largo, sono persone”.
Ed è ai miei genitori che dedicherò lo speech che farò ad ABCD - A Bari Capitale Digitale: “A Bari nessuno è straniero (nemmeno Guerrero)”.
A proposito, vi aspetto a Bari, tra meno di una settimana!
Ti lascio con cinque consigli di Ryan Holiday, che ho scoperto grazie al podcast di Edo e Fede, Hacking Creativity (in realtà i consigli sono 37, ma scelgo i miei preferiti)
Tratto da 37 consigli di carriera che avrei voluto conoscere prima
Trovate tele su cui far dipingere altre persone: trovate idee da consegnare al vostro capo. Trovare persone, pensatori, outsider da presentargli. Incrociate i fili per creare nuove scintille. Producete più di tutti gli altri e regalate le vostre idee. La persona che traccia la strada ne controlla direzione, proprio come la tela dà forma al dipinto.
Molto raramente ho lasciato andare qualcuno perché non aveva le capacità per svolgere il proprio lavoro. Quasi sempre si trattava della loro riluttanza ad apprendere tali competenze o della loro incapacità di accettare il feedback (ergo, imparate ad accettare i feedback, e a chiederne).
Quando vi manca la motivazione, ricordate a voi stessi: disciplina ora, libertà dopo. La fatica passerà e le soddisfazioni dureranno.
Tutto il successo è un indicatore di ritardo: tutte le cose belle (e brutte) sono a valle di scelte fatte molto tempo prima.
Se potete permettervelo, delegate. Se non potete ancora permettervelo, automatizzatelo. Il tempo è la risorsa più preziosa.
Bonus track: A volte bisogna fare un passo indietro per andare avanti.
Un po’ di link di cose belle che farò prossimamente:
A caccia dell’invisibile, corso di scrittura con Nicola Lagioia a Bari
La gioia di scrivere, corso di scrittura online con Matteo B. Bianchi
Torna Domani No con un audiolibro rivisto e rieditato
Sarò al Salone del Libro di Torino
Esce Professione Content Marketer (preordine)
È per lavoro
La Content cerca un/una Senior account e business coordinator (cv a info@lacontent.it).
La prossima Classe di Digital Storytelling sarà, per chi vorrà con la formula training on job. Lavori con noi per sei mesi, facciamo knowledge sharing, se impari alla fine dei 6 mesi ti facciamo una proposta economica. Se la cosa ti interessa inizia a scrivermi a cristiano@lacontent.it, novembre arriva in fretta. Solo per la cronaca il primo esperimento è riuscito con Chiara Campione (ora in Brainpull), Alessandra Neglia (tra una settimana inizierà a lavorare per una realtà di cui non posso fare il nome), mentre Alessia Sacchitella inizierà il training on job la settimana prossima.
È tutto, credo. Fa buon weekend!
Sempre belli i consigli di Ryan Holiday. Ho letto una delle sue opere e lo seguo quotidianamente online. Davvero un grande 👍