Do you believe in life after work?
Dove si parla di cosa fare quando non ci va di fare personal branding, della ricerca dell'aggettivo giusto, di scissione e presenza, di ghiblification e della creatività come atto di fede.
Perché l’argento sai si beve, ma l’oro si aspetta (Il negozio di antiquariato, Niccolò Fabi)
E se smettessimo di raccontarci?
È quello che mi sta capitando. Abituato a comunicare e a comunicarmi, a condividere evoluzioni e successi (come dice una canzone: “e dei fischi non parlarne mai”), mi sono fermato.
Non per scelta, ma perché la quantità di cose da fare — chiamatele pure “task” — si è presa tutto: il tempo della narrazione, dell’ispirazione, dello studio. E anche, inevitabilmente, quello del personal branding.
Ma in questi mesi ho capito una cosa importante.
Non è solo questione di tempo, quello era poco anche prima. È questione di pianificazione, di entusiasmo, di leggerezza. Di ritmo. E il ritmo va mantenuto, come in una partita o in un ballo. Se ti fermi, devi ritrovarlo. E non sempre è facile.
Raccontarsi non può diventare un dovere, e questo vale anche per le aziende oltre che per le persone. Quante volte abbiamo sentito dire “dobbiamo comunicare”, quando invece il problema è un altro. Cosa stai facendo di veramente memorabile e narrabile?
Serve tornare a fare cose che valgono una storia.
(Pausa)
Mi sono reso conto che stavo scrivendo questa newsletter in una stanza vuota, solo e un po’ stanco, mentre nella stanza accanto c’è un incontro: il Giro del mondo in 12 libri. È bastato entrare in quella stanza ed ho ripreso a battere i tasti sulla tasteria, scrivere. Ho ascoltato parole nuove, mi sono lasciato andare a immagini che provengono dai romanzi, ho assaporato il gusto della ricerca dell’aggettivo. L’era dell’IA è magnifica, ma non ci dà tempo per cercare - anzi per aspettare - l’aggettivo giusto.
Mi sono ricordato anche che la settimana prossima c’è ABCD e io sarò il conduttore del podcast “Do you believe in life after work?”, e Bari tornerà (continuerà) ad essere capitale digitale. Intervisterò gli ospiti dell’evento e chiederò ad ognuno di loro se c’è vita dopo il lavoro, anche se come avrai capito, in questo momento, mi interessa di più capire se c’è vita durante il lavoro.
Silvia Zanella, Employer Branding, People Culture and Employee Experience per EY a autrice, è stata intervista dagli amici di Hacking Creativity ed ha parlato del suo libro “Basta lavorare così”.
È arrivato il momento di riscrivere le regole del gioco, per il bene di tutti. Anche perché lavorare felici e non frustrati produce risultati positivi misurabili, per le persone e per le aziende.
Anche lei, come me, è fan della serie Scissione che racconta la storia di un gruppo di dipendenti della misteriosa azienda Lumon Industries, sottoposti a una procedura chiamata "scissione" (Severance) che separa radicalmente la loro memoria tra vita lavorativa e vita privata.
In pratica: quando entrano in ufficio, i loro ricordi "privati" spariscono. Quando escono, non ricordano nulla del lavoro. Questa idea distopica è una metafora delle dinamiche che viviamo (o temiamo) ogni giorno:
La compartimentazione forzata tra vita lavorativa e personale.
La perdita di senso in molti contesti aziendali: lavori vuoti, meccanici, senza visione, in cui si eseguono compiti ma si ignora il perché.
La domanda che attraversa tutta la serie: quanto siamo davvero consapevoli di quello che facciamo ogni giorno? E a che prezzo?
Lumon Industries appare come l’emblema delle grandi aziende dove il lavoro è diventato così alienante da poter essere “scisso” dal resto della vita, come se fosse un semplice task da svolgere senza coinvolgimento.
Ne ho parlato anche nel mio libro “Presenza” che uscirà (spoiler) per Franco Angeli il 12 maggio.
Che cosa vuol dire oggi essere “presenti” e perché per molte imprese questo concetto è legato esclusivamente all’idea di recarsi ogni giorno nel luogo di lavoro e uscire dall’ufficio, nel- la migliore delle ipotesi, dopo otto ore? Rispondere “presente” ricorda, a molti e molte di noi, l’appello a scuola. Era un modo per dire: “Anche oggi mi sono svegliato, vestito, e ho fatto in tempo ad arrivare prima che la campanella suonasse”. È anche per questo che di solito parliamo di presenza “fisica”, come se l’essere in un posto fosse di per sé una condizione sufficiente.
È passato molto tempo dai giorni della scuola e il lavoro è cambiato; si sta creando un solco, destinato ad allargarsi negli anni, tra le aziende che continuano a pensare che esista un solo luogo, chiamato ufficio, dove svolgere la propria attività e le imprese che favoriscono il remote working e politiche di lavoro agile e smart.
Ma entrambe le visioni hanno pro e contro, oltre a innumerevoli sfumature nell’interpretazione della parola “presente”. Che racchiude in sé anche il tempo che viviamo, quello del qui e ora.
La creatività è un atto di fede
Mizio Ratti che, in Creativity Dogma, intervista Dario Piana. Autore di più di 700 spot, non solo in Italia ma in tutto il mondo. È anche uno dei registi pubblicitari italiani più premiati, solo considerando i Cannes Lions ha vito 3 Gold Lions, 3 Silver Lions e 3 Bronze Lions. In questi tempi dominati dal rigore di dati e numeri, la passione per una qualità irrazionale come la creatività richiede un grande atto di fede.
È in atto la Ghibiflication.
Basta aprire qualsiasi social network per essere invasi da foto modificate dallo stile dello Studio Ghibli. Dal mondo della politica a quello dello sport. OpenAI ha appena lanciato il suo nuovo generatore di immagini integrato in ChatGPT e Sora. Nel giro di poche ore, il web si è popolato di creazioni che sembrano uscite da uno dei film dello Studio Ghibli: personaggi morbidi, paesaggi eterei, palette delicate.
Era inevitabile. Come era inevitabile che, subito dopo, arrivassero anche le polemiche.
Perché quell'effetto — così caldo, così familiare — non nasce dal caso, ma da un modello addestrato (anche) sull’immaginario dello Studio Ghibli. E fa un certo effetto pensare che lo stesso Hayao Miyazaki, da anni, sia uno dei critici più duri dell'intelligenza artificiale applicata all’arte. La definì, senza mezzi termini, una profanazione.
Rivista Undici ha raccolto alcune delle immagini più “iconiche” (andava detto) in un articolo.
Senza un’opinione, sei solo un altro con dei dati
In questa puntata di Videns Live gli amici di Brief ospitano Giuseppe Stigliano – CEO di Spring Studios, imprenditore e docente, nonché curatore dell’edizione italina di Questa è strategia di Seth Godin (Hoepli). Un dialogo su cosa vuol dire fare branding in un mondo iper-connesso, dove la differenza non la fa chi parla di più, ma chi riesce a farsi ricordare davvero. Tra provocazioni, insight e riflessioni strategiche, questa intervista è un concentrato di stimoli per chi lavora nel mondo della comunicazione, del business e dell’innovazione.
🧩 Perché oggi servono meno contenuti e più contenuti curati?
⚙️ L’AI può davvero sostituire i creativi?
🚀 Come cambia il marketing nel mondo dell’always-on?
Storytelling Festival is coming
Immagina un teatro da 700 posti.
Immagina di entrarci e trovare sul palco alcune delle voci più interessanti in circolazione: chi si occupa di marketing, di intelligenza artificiale, di copywriting, di branding, di visual design, di scrittura narrativa.
Sarà un weekend di formazione, sì, ma anche di ascolto e di storie, di ispirazioni che non sempre si trovano dietro una slide. E soprattutto sarà un momento per ritrovare il ritmo: quello giusto, fatto di connessioni vere e di parole che lasciano il segno.
Tra gli ospiti già confermati: Pablo Trincia, Annamaria Testa, Gianluca Diegoli, Giulia Cavaliere, Valentina Di Michele, Slide Queen. E altri ancora.
Qui trovi i biglietti, se sei una azienda ti consiglio di scegliere la formula retreat aziendale. Passi un weekend con noi e torni a lavoro con un sacco di spunti, non scisso e con la speranza che non solo ci sia vita dopo il lavoro, ma anche durante.
Ti prometto e mi prometto che sarà così.
Ah, prima di andare, i prossimi appuntamenti:
4 e 5 aprile ABCD, A Bari Capitale Digitale
24 maggio sarò ospite di Scollegamenti, il Festival organizzato da Carlotta Carucci ad Ancona
il 3 giugno ospite di Flamingo Talks a Ravenna, per parlare di Presenza
il 4 giugno a WMF con uno speech chiamato Questione di Format
È tutto, buon fine settimana!
ps: tu come stai?