Eppure qualcosa continua a riuscirmi
Dove si parla di strategia e operatività, di deep work e relazioni, di gestione del tempo e di un errore che è diventato salvezza.
Chi sa fare, sa capire. (Giovanni)
La cosa più bella che mi è capitata questa settimana è stato un errore.
Stavo lavorando per un progetto importante, quando ho iniziato a sentire una pressione enorme da parte del cliente, delle colleghe, delle terze parti. Pressione che, ovviamente, non capivo. Tutti mi sentivano sereno, tranquillissimo, addirittura rassicurante. E così il progetto è andato in porto, con grande soddisfazione da parte di tutti.
E tu dirai, “Ok e dov’è l’errore?”
Nel fatto che solo un paio di giorni fa mi sono accorto che la deadline non era la settimana prossima, ma oggi. Adesso ho capito perché correvano forsennatamente, mentre io continuavo a dire “Tranquilli, è tutto sotto controllo”.
Da questa storia ho imparato che il tempo è davvero relativo. Che non conta quanto ne hai, ma come lo usi. Ti sembrerà una banalità, ma questa settimana ho avuto solo un paio di giorni per poter lavorare seduto davanti al computer. E io di questo tempo ho bisogno, perché nonostante sia una persona molto impegnata nelle relazioni, nella formazione, negli speech e in tante altre cose che non sempre ricordo, lavoro anche tanto sui progetti. Sono operativo, dal momento che considero questa parola non uno sminuire il mio mestiere, ma un elevarlo.
Sono operativo perché penso progetti e li scrivo.
Sono operativo perché metto le mani - e lo so fare ancora bene - su Power point e Keynote.
Sono operativo perché registro video e podcast.
Sono operativo perché faccio call e odio farle dal treno o in viaggio, lo trovo snervante per me e soprattutto per l’interlocutore. Che rispetto.
Sono operativo perché se faccio formazione voglio parlare di cose che mi sono successe.
E perché se faccio un progetto di influencer marketing, gli influencer li trovo, li sento al telefono, gli scrivo, spesso li briffo e gli chiedo anche gli insight per i report.
Questa settimana sono stato al pc soltanto lunedì e mercoledì. Martedì sono stato a Firenze a registrare un podcast. Giovedì in aula a Brescia a fare una formazione Syneto. Ieri ho presentato un evento per Finlogic.
Sì, ma come fai a fare tutto?
È la domanda preferita a cui cerco di dare risposta prima di tutto a me stesso. Da anni. In linea di massima perché soffro, come tanti, della sindrome dell’impostore. Eppure qualcosa continua a riuscirmi. E non rispondo a questa domanda per prendermi dei meriti, ma per rendere più efficace il mio lavoro ogni volta che vado in affanno. E la risposta non è “Mi illudo che la consegna sia la settimana successiva quando invece è questa”.
In questi anno ho imparato a lavorare in diversi contesti, e in diverse situazioni. Questa dote, mi sono accorto, non ce l’hanno tutti e tutte. Vedo gente lavorare dal treno come se fosse in ufficio (errore, ma chi ti insegna questa cosa?). E persone gestire male il tempo del lavoro. Quando qualche anno fa, prima della pandemia, scrissi Smart working, mi soffermai molte su questi aspetti. Se so di avere una settimana come quella appena passata - se te lo stai chiedendo, è andato tutto benissimo - mi gestisco così:
Lunedì, hard work: fisso massimo tre call, per il resto preparo progetti, presentazioni, scrivo, gestisco il team, delego. Non lavoro 8 ore, ma cerco di alzarmi un po’ prima e finire un’oretta dopo. Quindi sì, lavoro un po’ di più. Nota a margine: sono riuscito ad andare in palestra, vedere una partita la sera, cenare con la famiglia, partire per Bologna.
Martedì, giornata di registrazione: deep work in treno A/R, modalità aereo per il podcast, pomeriggio di lavoro (o problem solving) a Firenze.
Mercoledì, hard work + relazioni. Sono rimasto a Bologna, ho lavorato tutto il giorno prendendomi tre lussi: andare a correre, fare colazione e pranzare in centro con una amica. Partenza per Brescia (e treno in ritardo di due ore, ma va bene).
Giovedì, formazione, Brescia: questa la giornata più complessa. Siamo ancora nel cuore della settimana e io devo andare in aula, parlare per 8 ore, farlo bene, trovare il tempo per chiudere un progetto. Scelgo di alzarmi molto presto, approfitto della palestra in hotel, lavoro un’ora. Avviso sulle varie chat di project management che potrei non essere disponibile in real time, anzi che non lo sarò, entro in aula. In pausa dò un’occhiata alle 20 mail arrivate e scelgo di risolvere le più urgenti, a pranzo chiedo una ventina minuti per poter stare da solo e lavorare focalizzato. Finisco la formazione nel pomeriggio, riprendo il treno, lavoro 3 ore, arrivo a Bologna. Giornata molto pesante, ma sono contento. E pronto per la successiva.
Venerdì, presentazione e coordinamento dell’evento Finlogic. Arrivo molto presto insieme al regista (Marco, se non ci fossi bisognerebbe inventarti), faccio un check della location, mi rileggo il copione che avevo scritto. Apro il computer, mancano due ore all’evento, posso lavorare in pace. Il venerdì aiuta. Poi inizia l’evento, lo presento, nel pomeriggio lascio il palco all’ospite, posso finire di sistemare alcune cose, do priorità ai progetti, tornando a casa (a Bologna) chiamo Vanessa e mi faccio aggiornare sui team de La Content. Non scrivo la newsletter, lo farò il giorno dopo.
Call fatte in treno: zero.
Telefonate con linea sconnessa: due.
Libri consegnati in questa settimana: uno (Professione Content Marketing, Hoepli. Uscirà ad aprile/maggio).
Progetti bellissimi andati in porto: due.
Clienti nuovi: tre.
Giorni saltati sul diario della gratitudine: zero.
Podcast registrati: tre.
Bonifici in entrata: abbastanza. Come dice Giorgio Soffiato
Non schifate i soldi, perché uno storyteller col portafogli vuoto fa più fatica a fare cose fighe
Newsletter saltate: zero, sono solo leggermente in ritardo, ma eccomi qui.
Sono stato più strategico o operativo?
Sicuramente la prima, ma mi sembra che anche questa settimana ci siamo sporcati le mani. Ora me le vado a lavare però, perché è sabato ed ho bisogno di riposare, come te.
Io sono Cristiano Carriero, storyteller, speaker e imprenditore, e questa e L’ho fatto a Posta. Ti chiedo scusa se oggi sono arrivato leggermente in ritardo, ma come potrai immaginare ti sto scrivendo - tanto per cambiare - da un treno.
E tu come gestisci il tuo tempo?
Eight & Bob
“Mi scusi signore, sta cercando un profumo?”
Non sono mai stato un amante dei profumi, a dire il vero ne compro uno ogni cinque anni, lo uso per un paio di settimane e poi me ne dimentico.
“Questo è il nostro pezzo forte” mi dice il commesso.
Mi preparo a ricever una spruzzata di profumo contro la mia volontà. Tuttavia il commesso non aprì nemmeno la scatola. Anzi, la appoggiò sul bancone e, con il sorrisetto di chi sa bene quello che fa, iniziò.
“Questo è Eight & Bob. Nel 1937, un giovane e bellissimo studente del college americano stava visitando la Costa Azzurra. Aveva vent’anni e in lui c’era qualcosa di speciale. Tutti coloro che incontravano percepivano che era un astro nascente. Un giorno il ragazzo, mentre era in giro per la città incontro un uomo chiamato Albert Fouquet, un aristocratico di Parigi esperto di profumi. Ovviamente il ragazzo non ne era a conoscenza. Sapeva solo che quell’uomo aveva un profumo incredibile. Grazie al suo fascino, l’ambizioso americano convinse Fouquet, che prima di allora non aveva mai venduto i suoi profumi, a condividere con lui un piccolo campione di quella fragranza incredibile. Come potete immaginare, non appena il ragazzo tornò negli Stati Uniti, altre persone furono rapite da quel profumo e se prima non era irresistibile, di certo lo era adesso. Lui sapeva di averci visto giusto, quindi scrisse a Fouquet, implorandolo di inviargli altri otto campioncini.
E uno per Bob.”
Gli feci segno di continuare.
“Dovete sapere che Bob era i fratello minore del ragazzo. E quel ragazzo, beh, voi forse lo conoscete come John. O semplicemente J.
JFK. Proprio così, il giovane in questione era John F. Kennedy. E il campione era per suo fratello Robert”.
A quel punto non ero più un partecipante alla conversazione, ma uno spettatore. Mentre volevo sapere la fine della storia di Eight & Bob, ero più interessato a ciò che si stava verificando davanti ai miei occhi.
“Ovviamente, come sapete, i rapporti internazionali tra Stati Uniti e Francia non sono sempre stati semplici. E anche se non sono certo un esperto di storia, so che spedire boccette di profumo diventava sempre più complesso. Pertanto, per proteggere gli ultimi carichi dai nazisti, le bottigliette furono nascoste… nei libri”.
Appena lo disse aprì la scatola che in precedenza aveva tirato giù dallo scaffale. Dentro c’era un libro. Lo aprì. E al suo interno, incastrato tra le pagine che erano state ritagliate alla perfezione per aderire alla sua forma, c’era una bellissima bottiglietta di colonia in vetro”.
Pronunciai solo due parole: “Lo compro”.
C’è una potenza incredibile in una storia. Una storia raccontata nel momento giusto e in modo impeccabile è in grado di trascinare una persona in uno spazio che va oltre il semplice interesse, in cui non ci si limita a prestare attenzione, e in uno stato di completa attrazione.
Qualche giorno dopo mi capitò di entrare in un altro negozio e vedere una boccetta di Eight & Bob. Chiesi alla commessa di dirmi qualcosa su quella colonia.
“Vediamo un po’. La linea presenta cinque essenze differenti. Per produrlo utilizzano piante uniche provenienti da, ehm, dalla Francia. Pare che sia molto famoso. Il packaging è carino”. Tutto qui.
La differenza tra le due esperienze era allucinante*.
Plagi molto belli
BRLO Beer, quando bere nudi è un’attitudine e non solo questione di intimo.
Avrete sicuramente visto la pubblicità di Calvin Klein in cui il protagonista è Jeremy Allen White. BRLO, brand di birra tedesca, ha deciso di utilizzare lo stesso identico copione. Il suo protagonista è meno in forma di Allen White, ma la cosa non sembra condizionarlo. Si muove in maniera altrettanta leggiadra, non si vergogna del suo corpo, non teme il paragone. Lo spot, girato a Berlino, promuove una birra chiara senza alcool. E uno spot in cui la viralità sta facendo il suo corso, grazie anche a un post della stessa BRLO su Linkedin:
“Abbiamo sentito dire che guardare le pubblicità di biancheria intima fa venire sete, quindi rispondiamo con la nostra pubblicità di BRLO NAKED. Oh sì, chef! Corposa e succosa, questa birra analcolica merita sicuramente i riflettori. Godetevi la vista! E condividete lo spirito”
Creatività Deloitte Digital Hamburg, production Pulloverfilms Hambug, regia Charley Stadler.
Ti è piaciuto? Fammelo sapere nei commenti! Il treno è arrivato e devo scendere. Grazie per avermi tenuto compagnia!
Fa buon weekend e scusami per il ritardo!
ps: alcuni annunci!
Il 22 febbraio sarò a Sorgono (in Sardegna) al Teatro-Cinema Salvatore Murgia per Once Upon a Place. I biglietti li trovi qui, se chiedi posso darti un codice sconto di 10 euro sul biglietto. Se vuoi saperne di più, ti invito a visitare il canale Instagram di OUAP.
ABCD torna il 12 e 13 aprile. Qui niente link perché sono andati sold out 350 biglietti in poche ore. Ne rimetteremo altrettanti tra qualche settimana, dopodiché chiediamo lo Stadio San Nicola in prestito.
Storytelling Festival torna il 25 e e 26 ottobre. E lo so già cosa stai pensando: ottobre è lontano, poi si pensa. Anche qui metà teatro è già andata. L’altra metà puoi riempirla da oggi a un terzo del prezzo del biglietto.
Il giro del mondo in 12 libri, corso di scrittura in presenza realizzato da La Content in collaborazione con Lucy sulla Cultura, passa da Bologna dal 8 al 10 marzo.
Màrquez mi ha insegnato respiro narrativo, piglio romanzesco, liricità e bestialità, ritmo, fraseggio, musicalità, mi ha proprio messo davanti agli occhi che cosa significa fare romanzo. Lui è stato il mio primo Maestro, il mio primo shock narrativo e non me ne libero, nemmeno volendo. E poi credo che il Sudamerica e il Sud Italia abbiano dei tratti di irriducibile consanguineità, c’è una parentela emotiva e ancestrale che ho sentito fin dall’adolescenza. Uno dei miei sogni è visitare la casa museo di Màrquez in Colombia, vorrei farlo per i miei trent’anni: spero di riuscirci. Finora sono riuscita solo a dedicargli un tatuaggio: Remedios. (Monica Acito)
Fossi in te, io ci verrei.
Lo sapevo, mi sono dilungato anche oggi.
Sempre bella la tua newsletter, ti ho scoperto relativamente da poco e non ti conosco bene, ma leggere di sindrome dell’ impostore con leggerezza mi è dispiaciuto. Magari tu ne soffri davvero, ma parliamo di un disturbo serio e mi piace pensare che non lo hai usato, come tanti, solo per sottolineare l’umiltà che ti accompagna nel tuo lavoro. Ho amici che ne soffrono davvero e la cosa mi ha colpito, perdonami se sono stato inopportuno.
Come gestisco il mio tempo? Non lo gestisco. Vivo le giornate in maniera completamente sregolata. 😄 Ho l'impressione che se voglio provare a tutti i costi a gestire il mio tempo in realtà è lui che sta gestendo me.