Il ragazzo ha stoffa, ma non la sa tessere
Dove si parla di deep work e brand work, delle trame nascoste del personal branding, di come si impara a raccontare storie e - finalmente - di un dissing che mi riguarda.
Ci sono settimane in cui il tempo per lavorare comodo, seduto a una scrivania, è poco. Sono quelle settimane in cui chi fa un lavoro come il mio sceglie di frequentare eventi, di lavorare sulle relazioni e sul personal branding e, inevitabilmente, è costretto a lasciare indietro qualcosa.
Eppure, ho scoperto che ci sono momenti nei quali avere meno tempo è paradossalmente un vantaggio. Le idee scorrono più velocemente, ci si deve organizzare per essere più efficaci, il focus e la concentrazione arrivano prima. Non è scontato, non è qualcosa che si allena facilmente. Ci vogliono anni a trovare un equilibrio non solo tra vita professionale e vita personale, tema eternamente dibattuto, ma anche tra quello che io chiamo deep work (il lavoro al computer, le call, la macroprogettazione e la supervisione) e il brand work, quello che facciamo per consolidare le relazioni, alimentare il nostro personal branding o quello della nostra impresa, cercare nuovi prospect o aver cura dei clienti.
Scrivo questa newsletter perché amo farlo, è un momento molto importante della mia settimana, nonché un esercizio di lentezza in un mondo che va troppo veloce. È il momento in cui scelgo deliberatamente di non farmi aiutare da nessuno del mio team, e neanche da ChatGPT, che invece utilizzo per lavoro. Perché voglio essere io a scegliere, parola per parola, cosa dire, dove andare, quali connessioni emotive creare. Ma sarei bugiardo se non ammettessi che questo è un grande momento di brand work: scrivo per consolidare, scrivo per attirare l’attenzione di chi non mi conosce, scrivo per posizionarmi.
Questa settimana posso dire di aver lavorato il 50% sul deep e il resto del tempo sulle relazioni. La formula è leggermente squilibrata rispetto alle mie abitudini, che si attestano su un 65/35 e che è l’equazione che consiglio a chi fa un lavoro come il mio ed ha un ruolo che prevede la responsabilità di prendere delle decisioni. Che non salveranno vite, chiaro, ma sempre decisioni sono. Quando si parla di personal branding si parla molto dell’aspetto più superficiale: quanti post scrivi, di cosa parli, se utilizzi le foto o i carousel; ma pochi parlano davvero del vero nocciolo della questione: quante decisioni prendi, come impieghi il tuo tempo, quante occasioni ti crei per poter fare storytelling, quali obiettivi ti dai e se puoi dire che negli ultimi due anni la qualità del tuo lavoro è effettivamente migliorata.
Uno degli eventi che mi ha tenuto impegnato in questa settimana è stato il talk Mare a Sinistra in Fiera. Abbiamo organizzato un panel al giorno, a Bari in Fiera del Levante, per parlare con restanti, tornanti, arrivanti. Talenti del mondo universitario, della ricerca, della cultura, nomadi digitali e startupper. Ho condotto due di questi talk, quelli dedicati agli artisti e ai nomadi digitali, ed ho avuto il piacere di intervistare persone davvero stimolanti che hanno raccontato storie che non vedo l’ora di farti ascoltare (pubblicheremo i video podcast nelle prossime settimane). Un merito me lo prendo: andare a caccia di storie non è così semplice. Si possono fare interviste noiose, poco profonde, che non mettono a proprio agio gli ospiti, o creare connessioni emotive molto forti, toccare corde che altri non hanno toccato, tessere qualcosa di nuovo; di originale.
Ma bisogna tenere sempre a mente che le cose non sono mai interessanti da sole. È il nostro sguardo a renderle tali. E mi ci è voluto del tempo per capire una verità molto importante: lo sguardo si può allenare. Si può allungare, rafforzare. Può diventare capace di vedere cose che prima non vedeva, di tracciare forme unendo puntini che prima erano solo tali. Certo, non avviene così, con uno schiocco di dita. Ci vogliono tempo, pratica, esperienza. E anche un po’ della maturità che la tessera punti della vita ci regala per ogni anno, lustro o decennio in più che trascorriamo su questo pianeta (Pablo Trincia, Come nascono le storie).
È il raggio del nostro sguardo a rendere grande, o interessante, o curiosa, una storia. È quanto lontano riusciamo a vedere, quanto a fuoco riusciamo a mettere i dettagli.
“Il ragazzo ha stoffa, ma non la sa tessere” (l’assistente di Storia Medioevale al Professore dopo il mio esame, per abbassarmi il voto da 30 a 27).
La Fiera del Levante è stata anche l’occasione per presentare alla città la nostra proposta per il rilancio della Blue Economy a Bari. In una penisola definita, a più riprese, “circondata” dal mare, noi abbiamo voglia di cambiare il lessico. E farla abbracciare dal mare. Di economia del mare e della sua importanza ho già parlato in altre occasioni, e se ti interessa approfondire il tema puoi scrivermi e sarò felice di spiegarti il progetto. La cosa che mi piace condividere con te è che vivo un momento di grande fermento civile, sociale, territoriale.
Sono quello che ha ispirato la strategia di attrazione e valorizzazione di talenti per la Regione Puglia, Mare a Sinistra, che La Content sta egregiamente portando avanti. Sempre con La Content abbiamo ripensato il nuovo city brand della città di Jesi, sono in un gruppo di lavoro che sta contribuendo a rendere Bari una delle città marittime più ambiziose del Mediterraneo. No, non volevo fare politica e credo proprio che continuerò a non farla, ma nel mio presente e nel mio futuro vedo ancora tanti progetti per il territorio e per le piccole e grandi comunità. E se in queste ultime settimane ci sono state delle critiche (a Jesi la stampa non ci è andata leggera, ma risponderò come sempre con il lavoro), pazienza. Sono abituato a trasformare le critiche in nuove idee, nuova progettualità, energia pro-positiva. Di sicuro, so aspettare e pazientare. E non rinuncio al mio diritto di replica che arriva direttamente qui, perché questo è il mio canale e la mia voce.
Quando i giornali parlano di “comunicatore da 61 mila euro” offendono non tanto me, quanto tutto il team de La Content che sta lavorando su un progetto bellissimo come quello del nuovo city brand, che non è solo un logo e un payoff. Ancora di più quando parlano di “cifra assolutamente spropositata”, perché non hanno idea di tutte le cose che faremo in un anno, dei progetti, dei contenuti, delle foto, dei video, delle ore di effort, delle competenze delle persone che lavorano su questo progetto. Sarebbe bastato chiedere, telefonare, scriverci, ma capisco che quel titolo - ripreso poi da altre testate - fa più effetto. Sto ancora aspettando che qualche giornalista ci chiami per fare una verifica e ascoltare la controparte. Ah, dimenticavo: “di origini baresi” è razzismo. Primo perché sono barese, almeno quanto mi sento marchigiano e cittadino del mondo. Secondo perché quella formula, di solito, si usa per ladri, assassini e gente fuori luogo e fuori contesto. Tutte cose che io non sono. Fine del dissing, ne volevo uno anche io.
Il social media management e il community management sono artigianato, non produzione industriale (Dino Amenduni)
Tornando alle cose belle, è stata la settimana della trasferta dei tifosi del Bologna a Liverpool. Ho scritto un pensiero che è stato condiviso da Enrico Brizzi, autore di Jack Frusciante è uscito dal gruppo e, tra le altre cose, di Due.
Tutta la mia invidia per i tifosi del Bologna che oggi hanno preso un giorno di ferie, di pausa, di congedo, di malattia e qualunque scusa è buona per seguire la propria squadra a Liverpool. In una trasferta in cui Cesare Cremonini, Enrico Brizzi, Matteo Lepore, Gianni Morandi non sono più cantanti, scrittori, politici, ma tifosi rossoblù che vogliono godersi il momento. In alto le pinte in un pub dalle parti di Anfield. Non c’è risultato che tenga, non c’è vittoria e non c’è sconfitta. C’è solo una storia che terranno stretta nei loro cuori per i prossimi 30 anni. E quando lo sai, fai di tutto per assaporarne ogni singolo momento. Ed è di nuovo domenica, anche se è mercoledì.
Io sono Cristiano Carriero, storyteller di origini baresi e comunicatore da 61 mila euro e questa è L’ho fatto a Posta. Fortunatamente, sono prima di tutto una persona molto educata e paziente. E, in questi anni, ho imparato a tessere la stoffa.
Prima di chiudere alcune news:
Lo Storytelling Festival del 25 e 26 ottobre è sold out: grande gioia, non abbiamo più un biglietto. Ma presto lanciamo la data del 2025. Nel frattempo ti invito ad ascoltare questo video di Naoise Dolan, autrice di Tempi eccitanti e La coppia felice, ospite internazionale che ha deciso di fare il suo speech in italiano (e che ringrazio per questo!)
Aperte le iscrizioni a La Classe di digital marketing, se vuoi saperne di più scrivimi o chiama al 338 6287834.
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Direi che è tutto, ma mi sono quasi dimenticato di chiederti come stai, che è la cosa più importante.
Come stai tu?