Impegnarsi volentieri
Dove si parla della (vera) vita dei nomadi digitali, di andare in giro per Dublino con Joyce, di tornare a scuola a studiare inglese, di come fare amicizia in un pub e di comunicare con l'AI.
“Che bel rompicapo attraversare Dublino senza passare davanti a un pub” (Ulisse, Joyce)
Sembra che la vita dei nomadi digitali non sia, poi, tutta rose e fiori.
Il nomade digitale medio, infatti, secondo un’analisi della piattaforma di statistiche Nomad List, è giovane, maschio, eterosessuale, bianco, non religioso, laureato e con uno stipendio medio di 85 mila dollari l’anno. Maggiore è la coerenza del proprio profilo con queste caratteristiche, minori saranno le difficoltà cui si va incontro nello scegliere questa modalità di vita e di lavoro. Ciò non significa che si sia al riparo dalla solitudine che spesso colpisce i nomadi digitali, ma sicuramente è più raro incorrere nelle discriminazioni che subisce chi invece è “fuori dal canone”. Vice, ad esempio, racconta, tra le altre, la storia di una giovane nomade digitale queer e delle difficoltà affrontate in alcuni Paesi.
Ne ha parlato anche Lucy Sulla Cultura in questo reportage, in cui ha intervistato diverse persone che hanno fatto questa scelta di vita, ma che devono affrontare non poche difficoltà a causa della loro condizione economica, del genere, dell’orientamento sessuale, degli studi fatti, del passaporto con cui viaggiano o della moneta con la quale pagano.
Quest’anno ho fatto diverse esperienze sul campo, di cui ho parlato nelle scorse puntate di L’ho fatto a Posta. Mi sento di dire che la favola del “prendi un computer e va dove ti porta il cuore” o, peggio ancora, “puoi lavorare da qualunque spiaggia del mondo”, è a dir poco fuorviante. Ammesso che abbiate mai provato, davvero, a lavorare da una spiaggia con il computer che si surriscalda e voi che cercate di fare una call in una cabina. A Fuerteventura, Liverpool, Marsiglia e ora a Dublino la mia prima preoccupazione è stata quella di cercare un buon coworking o, in certi casi un coliving-coworking. Si tratta di sistemazioni non proprio cheap, ma per me è troppo importante avere uno spazio adeguato - e stimolante - dove lavorare. Più tempo si passa fuori casa, più la sistemazione deve avere determinate caratteristiche: comoda, riservata, illuminata, con spazi riservati alle call, un’ottima connessione e servizi vicini, altrimenti prevale la frustrazione.
Ho letto una bella riflessione di Luca Mastella, su Linkedin, sul fuso orario.
1) In base al fuso dove lavori dovrai alzarti molto presto o finire di lavorare molto tardi
2) Ti ritrovi spesso a lavorare ovunque, come caffetterie, aeroporti, treni, ecc
3) Sceglierai le tue mete anche in base a criteri come velocità internet, luoghi tranquilli, fuso
4) Invece di cambiare posto ogni due giorni spesso stai fermo per 1+ settimane
5) Se la connessione smette di funzionare mentre sei in call vai in panico
Più tempo passi a viaggiare lavorando e più capisci che è uno stile di vita che stanca molto e che non può essere fatto per lunghi periodi a meno che tu non dilati il tempo che passi in ogni luogo.
Per me sarebbe molto complicato lavorare da paesi con un + sul fuso. Mi costringerebbe a rincorrere, la situazione ideale per quanto mi riguarda è il -1 di questa latitudine. Posso svegliarmi prima, fare sport, - per me conditio sine qua non degli ultimi viaggi - fare colazione e mettermi a lavorare alla stessa ora degli italiani impegnandomi magari a finire un’ora prima. Posti come lo Sri Lanka, Bali, il Sud Est Asiatico sono le prossime mete, ma al momento sono fuori budget per me. Vero che lì la vita costa poco, ma i voli hanno prezzi alti e certamente non vale la pena andarci per meno di tre settimane e io questo lusso ancora non posso permettermelo. Magari è anche una fortuna, visti i tanti impegni tra speech ed eventi. Ergo, bisogna essere consapevoli che essere nomadi digitali non è una cosa alla portata di tutti e di tutte.
Ma nemmeno una manna che cade da cielo e colpisce solo i più fortunati.
In questi giorni a Dublino mi sto rendendo conto di quanto sia importante l’impegno. Sì, hai letto bene. Non sacrificio, non sbattimento, ma impegno. E nell’era dell’intelligenza artificiale, del tutto e subito con un prompt, dei traduttori automatici, chi ce la fa fare a impegnarci per qualcosa? È persino passato di moda parlarne. Io mi sto impegnando: a portare avanti i miei lavori e la mia azienda. Ma mi sto impegnando anche a frequentare una scuola di inglese il pomeriggio, per tre ore al giorno. Pensi sia facile? Tornare a sedersi sui banchi, fare i compiti, studiare il present perfect e il past participle. Mi sto impegnando a trovare nuovi amici con cui conversare. L’altra sera mi sono persino impegnato a chiedere ad una ragazza inglese, in un pub, se voleva bere una birra con me e parlare. E se non hai in testa tutto questo, se non hai voglia di raggiungere un obiettivo - il mio è quello di fare uno speech in inglese ad un evento internazionale -, tu tutto questo non lo fai. Perché sai che a tradurre ci pensa Deepl, che piuttosto che cercare di far amicizia con qualcuno in un pub guarderai una serie su Netflix, che un lavoro già ce l’hai e che non c’è tempo e non c’è spazio (cit.) per altre cose.
A proposito, un sito molto figo per esercitarsi con l’inglese: si chiama Lyricstraining
Dublino è bellissima, in compenso
Qualche anno fa ho scoperto la collana di Giulio Perrone editore, Passaggi di Dogana. È una delle mie preferite, si tratta di una raccolta di guide letterarie concepite come narrativa di viaggio più che come tradizionali guide turistiche, che seguendo le tracce di scrittori, ma non solo, hanno il potere di condurci alla scoperta di luoghi, regioni, città. Si va dalla Londra di Conan Doyle e Sherlock Holmes alla Barcellona di Manuel Vázquez Montalban e Pepe Carvalho, passando per la Seattle dei Nirvana, fino alla Marsiglia di Izzo di cui ho parlato in altre puntate della newsletter.
Ora, naturalmente sto viaggiando con Joyce che scelse ossessivamente Dublino come ambientazione pressoché unica delle proprie opere.
Poi, un bel giorno, Leopold Bloom attraversò Dublino e per la città, e per la letteratura, non fu più la stessa cosa: cambiarono per sempre, l’una e l’altra, come cambiò il ruolo del cittadino e del lettore. Il cittadino di Dublino si ritrovò a vivere nello stesso tempo in un luogo fisico, come in tutte le città, fatto di strade e di architetture, di storia e di persone; e in un luogo astratto, un luogo della finzione, della fantasia. Iniziò cioè a far parte di un immenso racconto, che non avrebbe più lasciato gli spazi reali. Mentre il lettore si ritrovò a raccogliere il guanto di sfida gettato da un autore rivoluzionario, dovendo scoprire che la narrativa, come la pittura di Picasso, non prevede necessariamente una lingua unica.
Ultimamente ho ricevuto in regalo In Puglia da Alda Merini a Mario Desiati di Piero Mieli, che ringrazio, mentre proprio ieri ho saputo che in giro per Bari vi porterà la mia amica (e mia editor, nonché docente di alcuni nostri corsi di scrittura organizzati da La Content con Lucy) Alessandra Minervini. Lo farà insieme a Lolita Lobosco, ormai personaggio letterario classico al pari di Fabio Montale, il detective di Jean-Claude-Izzo.
E chissà che un giorno non vi possa accompagnare in una città con qualche mio scrittore del cuore, magari a Santiago de Compostela con Castelao.
Intanto, tra poco, andrò a fare un giro a Cliff of Moher quindi questa puntata volge al termine. Ci tenevo a scriverti, a consigliarti qualcosa da leggere e a ricordarti che ad ottobre torna Storytelling Festival e stiamo per finire i biglietti!
Io sono Cristiano Carriero, founder de La Content, autore e speaker e questa è L’ho fatto a Posta, la mia nicchia di lentezza in un mondo che va troppo veloce e che non si impegna più tanto volentieri. Aspetta, ho ancora un altro paio di news!
Se sei nelle Marche, il 24 luglio, passa a trovarmi (e a trovarci, a me e Alessandro) a Senigallia, parleremo di comunicare ai tempi dell’AI con CNA.
E ora un breve annuncio perché sto cercando una persona che mi dia una mano con i miei progetti.
No, non cerco una persona per La Content (anche se a La Content siamo sempre alla ricerca di professionisti di valore per far crescere il team), ma una persona per i progetti legati al mio personal brand. Se sei interessato/o vai avanti, altrimenti ti auguro buon weekend!
Si tratta di avere queste skill:
Ottime capacità di scrittura, content creation (nello specifico va benissimo saper usare Canva, saper fare un minimo di editing video/audio tipo reel e avere buon gusto), saper usare power point/ keynote/ google presentation. Può capitare ad esempio, che ti chiederò di sistemare delle presentazioni per i miei speech o di preparare un excel o fare delle ricerche (un/una bravo/a storyteller è ossesionato dai dati, è bene che tu lo sappia). Tra le soft skill sicuramente: curiosità, voglia di imparare nuove cose, propositività. Organizzazione migliore della mia. In passato mi hanno aiutato Isabella Torelli e Giancarla Trizio, entrambe approdate a ruoli più prestigiosi, a cui puoi chiedere reference su com’è lavorare con me.
Veniamo a quello che posso offrire io
Questo non è un lavoro a tempo pieno, per quella che è la mole di lavoro bastano un paio di ore al giorno, a meno che non sia una prima esperienza e allora sicuramente ci sarà da impegnarsi un po’ di più. Per cui prendi questa cosa in considerazione se: sei una partita iva e vuoi avere un cliente in più da 400/500* euro, oppure se stai muovendo i primi passi sul mercato del lavoro e un annetto con me può servirti a imparare delle cose e ad affacciarti a nuove opportunità.
Cosa non mi serve?
Non mi serve un ghostwriter (scrivo io), non mi serve un/ una assistente, non mi serve un editor (ce l’ho), non mi serve un social media manager (Linkedin, Instagram e Facebook me li gestisco io).
Se sei interessato/o scrivimi a cristiano@lacontent.it e nella mail dimmi pure che esperienza hai, perché ti piacerebbe lavorare con me, cosa delle cose elencate sai fare e cosa ti aspetti di imparare e cosa di insegnarmi. Solo per questa cosa - lo sai che amo ricevere messaggi su Whatsapp - no telefonate, no messaggi. Vorrei prendermi il tempo giusto per analizzare per bene. Un paio di settimane per scegliere e a settembre iniziamo!
Adesso sì, buon fine settimana! E grazie se sei arrivato/a fino qui