Intervallo
Dove si parla di tregua, di compromessi di libertà, di ego-velox. E di pausa, di conoscenza, di armistizio. In una parola: ferie.
A me piace che ci sia un periodo di pausa da condividere.
Almeno per chi fa un lavoro come il mio. Mi piace ci sia una tradizione tutta italiana, e non sono mai salito sul carro del “ferie da cosa?”. Non amo la parola tregua, perché appartiene al linguaggio bellico, ma credo dia l’idea di ciò che serve a chi come noi è esposto continuamente a notifiche, email, messaggi, call.
Mi prenderò ancora qualche giorno di lavoro, ma lo dedicherò a incontri dal vivo, telefonate, caffè e chiacchiere fuori brief. Sono le mie giornate preferite, in cui scelgo su cosa lavorare, quello che posso rimandare e quali persone sentire. Anche le persone che non voglio sentire, magari solo perché così mi va, e basta. Poi sarà tregua, intervallo, sarà pausa dai flussi e dalle urgenze. Sarà pensiero, sarà anche (soprattutto) assenza. In poche parole, Joy Of Missing Out.
Viva le due settimane centrali di agosto, format visionario di questo sgangherato Paese dai tempi dell’imperatore Augusto. Che Dio le abbia in gloria e le preservi ancora!
Ho raccolto un paio di post che ho apprezzato sul tema.
Uno si chiama “Ferie”, l’autore è Fabio Fanelli
Non dal mio lavoro. Perché quando lavori con la creatività anche il venditore di “cocco bello” in spiaggia può diventare una reference. Non dal mio ufficio, che la pandemia ha in questi mesi impacchettato come i capolavori d’arte di Christo. Non dal mio computer, che è luogo di troppi paradisi per rimanere indietro dai miei approdi.
Non dai miei colleghi, che anzi sotto i 50 km di distanza diventano inviti senza calendar e chiacchiere senza brief. In ferie. Non dal lavoro, ma dai suoi flussi. Flussi che sono un modo giusto di far funzionare i processi, i metodi e le scadenze. Un modo giusto di rispondere alle domande, alle sfide, alle gare.
Ma che sono sempre, per tutti, compromessi di libertà.
La libertà di non essere nei tempi, la libertà di improvvisare i luoghi, la libertà di non conoscere gli interlocutori.
Questa è la mia idea di ferie. Pensare al tempo senza rincorrerlo, studiare senza interrogazioni in programma, coltivare e raccogliere momenti, incontri e futuri ricordi senza sirena a richiamar dai campi.
Non si tratta di non fare niente, si tratta di fare tutto senza alcuna necessità di farlo.
Mi è piaciuto molto anche “Agosto”, di Lino Castrovilli
Su queste strade digitali sfrecciano post a 200 like all’ora su quanto sia poco chic concedersi qualche giornata di pausa. La stessa puntualità di un tormentone estivo alla Giusy Ferreri: “Non c'è bisogno di ferie, ahi ahi ahi / Lavoro sempre presente, ahi ahi ahi”.
Un colpo di sonno della ragione. Pericolosissimo. Io, per esempio, amo l’idea di rallentare. Di dare la precedenza a tutte quelle cose che mi permettono di condurre le giornate con mani salde sulla mente.
La persona che amo. L’ultima birra con gli amici prima di tornare a casa. Le pagine di un libro. La città che vedo per la prima volta. Lo scacco matto, inferto o subìto non importa. La puntina che stimola il canto del vinile. Il poster da appendere. La stanza da arredare o anche solo riordinare.
Talvolta sprechiamo il pieno di responsabilità accelerando imprudentemente a tavoletta. Portiamo il motore su di giri pur sapendo che solo un’andatura regolare ci porterà lontano senza usurare viscere e meningi. Del resto, il lavoro non è mica un Gran Premio. Per quelli ci sono gli anelli in stile Indianapolis: circuiti chiusi, senza incroci, dove le persone si dividono fra quelli che fanno il tifo e chi ti pulisce la visiera.
Perciò rallenta.
E se qualcuno dovesse alzare la paletta per esortarti ad andare a 100 all’ora, non ci cascare. L’ego-velox non perdona.
Non poteva mancare una citazione di Osvaldo Danzi, già autore di…
Il buon manager si vede nel momento della pausa.
Post indimenticabile di ormai sette anni fa, di cui ti cito un passaggio:
«Non c’è niente di più palloso, inutile e dannoso di un capo o un collega che a pranzo non abbia altri argomenti che i clienti, il budget, il business e le battute sulle colleghe. Niente è più imbarazzante di un interlocutore senza interessi, senza un libro da scambiare, un film di cui discutere, un Paese da suggerire per il prossimo viaggio.
Si dice che il business spesso si fa a tavola, ma devi aver qualcosa di cui parlare. Forse è per questo che certi business-men si sono spostati sui campi da golf o nelle palestre. Stressati dagli impegni mal gestiti e frustrati dalla totale mancanza di creatività, si finisce per confondere i valori aziendali con i propri interessi. E spesso le due cose non coincidono».
Ieri ho trovato un altro post molto interessante scritto da Osvaldo. Riguarda questo articolo uscito sul Corriere della Sera (edizione di Torino).
Osvaldo lo ha commentato così:
Io sono assolutamente certo, sig. Bernocco, che se ai giovani che vengono a colloquio Lei chiedesse dove sono stati in vacanza, cosa hanno visto, cosa li ha colpiti e perché hanno scelto proprio quel posto, farebbe colloqui migliori. Se a quei ragazzi potesse raccontare delle SUE ferie, potesse dialogare con loro di posti dove anche Lei è stato e mettersi al loro piano, otterrebbe risultati migliori.
Se a quei ragazzi parlasse di pause, importanti per accrescere la conoscenza e permettere ai Suoi collaboratori di portare nuove idee in azienda, uscire dai luoghi comuni sulla fabbrica, essere portatori di ossigeno nuovo, sarebbe molto più attraente che farsi riprendere dai giornali “vecchi” in pose da vecchio manager. Se a quei ragazzi si facessero respirare valori, si facesse sentire la voglia di “stare in famiglia”, di avere cura per le nostre Persone, non avrebbe bisogno di tornare in azienda la prossima settimana e la successiva per “convincerli”.
Io non so quali giovani verranno a fare colloqui ad agosto, ma certamente non sono quelli che vorrei incontrare io.
Ma soprattutto mi chiedo di cosa parlerà loro: di “manutenzione necessaria dello stabilimento” al punto di dover rinunciare alle ferie e alla Sua famiglia?
Dio non voglia che quei ragazzi leggano questa intervista.
Citazione finale di Giorgio Soffiato
Il valore dell’urgenza. Le agenzie hanno (per colpa loro tanto c’è sempre uno che lo farà) abituato i clienti ad abusare della parola urgente. Urgenza! Tre call, una proposta fatta di notte e due mesi per una risposta. Agosto, la vita, le ferie. Marketing Arena misurerà il proprio ebitda anche in “clienti educati a suon di no” perché, se si vuole impattare su un sistema in futuro migliore, bisogna smettere di abbassare la testa e guardare all’igiene del business e non solo al fatturato. Il rispetto viene sempre prima di tutto.
Progetti fighi fighi
Ieri abbiamo inaugurato Iuppi per tutti a Polignano a mare - sì, quella è la statua di Domenico Modugno. Un gelato naturalmente privo di lattosio, glutine, sostanze OGM, grassi idrogenati, proteine animali, colorati, conservanti e aromi artificiali, plant based - nasce fermentato vegetale di legumi e cereali - per vocazione, altamente digeribile e anche sostenibile.
L’inaugurazione è stata un successo, il locale è davvero instagram opportunity, il gelato buonissimo. Se passi da lì dì che ti mando io! (E lascia un gelato sospeso…)
Una lettura per le vacanze
Può il romanzo illuminarci la strada per affrontare la complessità sistemica che stiamo vivendo? Un romanzo è una storia, prima di tutto. Un’impresa è una comunità di persone che tracciano e percorrono una storia e ne sono condizionati dal racconto che ne fanno.
Io sono Cristiano Carriero e questa è L’ho fatto a Posta. Buon intervallo anche a te, ci risentiamo a inizio settembre!