Lavorare meno, lavorare meglio
Perché il Quiet Quitting è una cagata pazzesca, quasi quanto la Great Resignation. Dove si parla del culto dell'abbastanza, di entusiasmo, ironia, leggerezza, profondità. E di ascolto e libertà.
In questa foto c’è un pezzo di storia: Fidel Castro e Che Guevara si rilassano dalle fatiche della Revolución durante una battuta di pesca sul mar del Caribe, di fronte a loro si intravede la testa di Ernest Hemingway. Secondo la ricostruzione del mio amico Alvaro, cubano di L’Avana, il Che sembra dire: “Ma questo gringo deve proprio stare sempre con noi?”. Mi sono soffermato molto su questa fotografia appesa in un bar di La Habana Vieja. Chissà chi l’ha fatta, chissà se immaginava lontanamente la potenza dello scatto e le interpretazioni che ne sarebbero seguite.
L’Avana è malinconica, L’Avana non ride ma balla. L’Avana che aspetta ma non spera. L’Avana che è ferma, L’Avana che ti costringe a fermarti. L’Avana che non c’è fretta, L’Avana che non c’è futuro. L’Avana utopia, così lontana dal realismo magico. L’Avana o victoria o muerte, L’Avana atrás e L’Avana adelante.
Questa è stata per me Cuba. Non una rivelazione, non una scoperta. Non la felicità di un ballo – c’è troppa malinconia in Guantanamera per i miei gusti –, non la bellezza verso ciò che manca. Ci vuole una buona dose di presunzione per pensare che un posto in cui mancano l’elettricità, il cibo, la connessione Wi-Fi sia un paradiso. Come se tutto questo non ci toccasse. E poi io non amo particolarmente i luoghi che mi ricordano continuamente dove sono. Piuttosto, ho bisogno di luoghi che mi fanno dimenticare da dove vengo.
Settembre senza buoni propositi
Sono in ritardo di una settimana per due motivi: il primo è la scaramanzia. L’anno scorso, il 10 settembre ho inviato il primo numero di L’ho fatto a Posta. Ci tenevo a festeggiare il compleanno della newsletter riprendendo lo stesso giorno.
Il secondo motivo è che ho iniziato settembre senza particolari propositi. Mi interessa solo dare continuità a tutto quello che già stavo facendo: La Content con i suoi eventi e i clienti dell’agenzia, la formazione – giovedì sono stato a Roma a registrare un corso di narrazione per Treccani e mi sono seduto sullo stesso divano della Montalcini, l’esercizio continuo con l’inglese e lo spagnolo, che sto praticando sempre di più. Leggere più libri e scriverne meno, dedicarmi alle persone che lavorano con me, disimparare qualcosa per liberare spazio e fare più attività che mi entusiasmino.
Ecco, l’entusiasmo
Se c’è una cosa su cui dovremmo lavorare è l’entusiasmo. C’è una canzone della Bandabardò che dice “Sono tempi scuri, in cui è difficile trovare ombra”. Noi invece abbiamo bisogno di trovarla questa ombra, sederci ogni tanto a godere del fresco, non essere sempre esposti al vento, alla pioggia, al sole che scotta. L’entusiasmo e la felicità nel godere di ciò che abbiamo fatto, non essere sempre ipercritici per alzare l’asticella più in alto, e poi ancora di più, fino a quando non cadiamo. Roberta Zantedeschi ha parlato del piacere dell’abbastanza:
Posto che la cultura della performance l’abbiamo alimentata anche noi (a cui non basta mai), un ridimensionamento che non si trasformi in un radicale abdicare o, peggio, in un abiurare, passa per la rivalutazione di una parola spesso snobbata: Abbastanza. E anche per il concetto che porta con sé.
Soprattutto in ambito lavorativo.
Lavorare abbastanza, ovvero in modo sufficiente: sufficiente ai propri bisogni, ambizioni, desideri, possibilità. Avere, così, abbastanza tempo per dedicarsi ad altro.
E abbastanza disponibilità economica per vivere in modo dignitoso.
Ma anche sentirsi abbastanza ed essere abbastanza.
E così, dopo la Great Resignation – trend durato come un gatto in tangenziale, il tempo di accorgersi che senza lavorare non arrivano nemmeno i soldi – spopola il Quiet Quitting. Che però, a mio parere, è stato male interpretato. Perché se fosse questa cosa qui, io me ne guardo e sinceramente preferirei non collaborare con chi lo pratica:
Non si lascia il lavoro, ma ci si impegna al minimo
Mi sembra, invece, molto più convincente questo passaggio dell’articolo che ho linkato qui su:
Si continua a svolgere i propri compiti, ma non si aderisce più alla cultura della competizione verso se stessi e gli altri, secondo la quale il lavoro deve essere la nostra vita.
A patto, secondo me, che questa diventi un’attitudine per lavorare meno, ma lavorare meglio, fuggire la competizione (e quindi la metafora dello sport) per recuperare alcune virtù che stiamo perdendo, ma che per essere professionisti migliori sono essenziali: l’entusiasmo, l’ironia, la leggerezza, la profondità, l’ascolto, la libertà. Mescolateli pure, ma senza questi ingredienti e senza il tempo per sfogliare un giornale, leggere un libro, guardare un film, praticare un hobby, stare con le persone che amiamo, non saremo mai lavoratori migliori. Il resto è accettare il nostro abbastanza. Quando mia moglie, l’altro giorno, mi ha detto: «A me piacerebbe sentirti appagato lavorativamente», io le ho risposto: «A me piacerebbe sentirmi appagato lavorativamente». E basta.
Vediamoci
Arrivano belle e nuove occasioni per vedersi e per progettare cose insieme. Manca poco più di un mese a La Masterclass dedicata allo storytelling. La faremo a Bari il 21 e 22 ottobre, verranno tantissimi amici, speaker, professionisti, e sarà una bella occasione per mettere in atto lo storytelling e diventare changemaker. Se le storie non servono ad attuare un cambiamento, lasciale dove sono. La buona notizia è che sei tu a decidere cosa vuoi cambiare.
Abbiamo aggiunto alcuni eventi extra e continueremo a farlo, perché chi viene ai miei eventi deve viverli, con tutto ciò che questa parola significa. E quindi parleremo di marketing dentro un bicchiere di vino, di Splendide stagioni tra gli abissi (Michele Dalai), Da Grande (Giulio Xhaet) e tante altre cose.
Se ti interessa partecipare, con il codice carrieromasterclass paghi 90 euro.
Io sono Cristiano Carriero e questa è L’ho fatto a Posta. Ti chiedo di dirmi la tua e di scrivermi se senti che quello che fai è abbastanza o, a volte, ti sembra troppo. Oppure troppo poco. Mandami un’email o un messaggio – anche vocale – al 3386287834. Lo ascolto più che volentieri.
Cerchiamo digital storyteller!
Le selezioni per La Classe di Storytelling sono aperte!
Mandaci la tua candidatura, ci sono 20 posti in aula (a Bari, a La Content) e 20 online.
La narrazione non è un dono e neppure un’arte. È un atto, una competenza che si può migliorare attraverso la pratica.
È tutto, fa’ buon fine settimana!