Le cose non sono dati, ma sono costruzioni
Dove si parla di come ho imparato a fare soldi leggendo Laurence Sterne
It is a story about a Cock and a Bull - and the best of its kind that ever I heard!
Se c’è un autore che ha rivoluzionato la mia idea di letteratura e di fascinazione del mondo, è Laurence Sterne, il precursore del romanzo modernista. E se vi state chiedendo cosa c’entri il modernismo in letteratura con lo storytelling, allora vale la pena fare un passo indietro. Forse due, visto che siamo nel 1767. Il romanzo è La vita e le opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo.
Prima di Sterne, la maggior parte dei romanzi sono talmente lineari da contenere nel titolo due parole: la vita e le avventure. È il caso del Robinson Crusoe di Daniel Defoe, che però aggiunge già due aggettivi da molti dimenticati: le avventure del suo eroe sono strane e sorprendenti, senza congiunzione.
Sterne fa una piccola modifica al titolo più in voga dell’epoca, e così La vita e le avventure diventa “La vita e le opinioni”.
Nel suo romanzo, pubblicato nell’arco di otto anni e nove libri a puntate, intervengono a precipizio digressioni, considerazioni e riflessioni.
Le pagine del libro diventano uno spazio teatrale, un vero e proprio palcoscenico del linguaggio. La trama non c’è, e se c’è nessuno riesce realmente a maneggiarla, tanto che ad un certo punto è lo stesso autore - che con il lettore e la lettrice si confida spesso, arrivando persino a lasciare pagine vuote e appunti da compilare all’interno del libro - a dire:
“È una tremenda sventura per questo mio libro, ma ancor più per la Repubblica delle Lettere, - tanto che la sventura mia al confronto sprofonda nel nulla, - che questa ignobile smania di sempre nuove avventure si sia radicata a tal punto nelle nostre usanze e umori, — e noi si sia così esclusivamente propensi a soddisfare quella bramosia, — che non mandiamo giù altro se non le parti più grossolane e carnali di una composizione letteraria. Le allusioni sottili e le esperte informazioni della scienza se ne volano via come essenza verso l’alto, la ponderosa morale si rifugia verso il basso; e sia le une che l’altra vanno perse per il mondo come se fossero rimaste in fondo al calamaio”.
C’è un modo di intendere le storie prima di Tristram Shandy e una dopo di lui.
La differenza sta tutta nella frase che ho scelto per il titolo: le cose non sono dati ma sono costruzioni.
Non c’è intelligenza artificiale che tenga contro le storie, se le storie sono fatte di digressioni, di riflessioni, di considerazioni. Di iper-narrazioni, come nell’opera di Sterne che non riesce nemmeno a raccontarci la faccenda della sua nascita, visto che “si rende necessario” raccontare quella del padre, della madre, dello zio, del caporale Trim, della vedova Wadman. È sempre lui, Sterne, ad usare per primo il flashback e il flashforward, ed è così che gli eventi principali vengono ritardati costantemente da discussioni, dialoghi, racconti che solo in apparenza risultano non pertinenti, invece sono l’anima stessa del romanzo.
La forma della scrittura diventa contenuto.
“Proprio come accade con il gentleman dell’opera, che impiega un anno per scrivere la storia di una singola giornata della sua vita, nell’ipotesi che possa essere scritta per un tempo infinito”.
Questa lezione appresa all’università di Lettere moderne di Bari, grazie al Professor Vito Amoruso a cui devo la mia passione per Sterne, Melville, Shakespeare e Woolf è tornata utile quando ho iniziato a lavorare con lo storytelling. Un’abilità fondamentale nel mondo del business. È incredibile pensare che l’autore che dà al suo personaggio un nome che in italiano significa “Confuso” mi abbia portato ad appassionarmi dell’arte di rendere la comunicazione più coinvolgente ed efficace.
Ma perdiamo ogni giorno la capacità di raccontare storie in quel mare fatto di snippet, reel, frasi fatte e termini in voga. Il che è un peccato, dato che le storie sono il mezzo che ci unisce fin dalla nascita del linguaggio.
Parliamo alle persone invece di coinvolgerle. Tendiamo a optare per la soluzione più semplice o rapida e di conseguenza i ponti che costruiamo risultano fragili, traballanti e a volte anche ridicoli. Ma dato che questi materiali scadenti sono reperibili con maggiore facilità, ci siamo convinti che sono sufficienti.
Una storia raccontata nel momento giusto è in grado di trascinare una persona in uno spazio che va oltre il semplice interesse, in uno stato di completa attrazione. In quella situazione di non riesco a guardare altrove oppure oh no, ho appena sbagliato uscita. In quei momenti della storia entriamo in una dimensione in cui siamo fuori controllo. In molti cercano questo tipo di cambiamenti, non soltanto “contenuti informativi”. Non dati, ma costruzioni, come diceva Sterne.
Questo ha un profondo impatto nel business, che va ben oltre il semplice acquisto di un prodotto. Trasforma i clienti in fedeli, i dipendenti in credenti, i dirigenti in leader. Le avventure - a chi davvero interessano? - in opinioni.
Emozioni, sentimenti, connessioni.
Come nel Tristram Shandy: il primo romanzo in cui la forma diventa contenuto.
Se hai dubbi su qualcosa, racconta una storia. In e-mail e newsletter, in un messaggio in segreteria, durante riunioni, webinar, talk. Devi essere la persona che gli altri non vedono l’ora di sentire, perché le persone amano le storie, le bramano. Persino la ridondanza - altra lezione di Sterne - è necessaria nella comunicazione. I motivi sono semplici: il pubblico cambia di continuo; le idee e le percezioni devono sedimentare (e quindi devono essere ripetuti, il mio amico Riccardo Scandellari dice sempre che non è colpa tua se il mondo è pieno di distrazioni).
Il business e la cultura non sono affatto due mondi paralleli. Si parlano da sempre, dialogano per permettere alle persone e alle aziende di trovare punti di vista insoliti, di dare forma all’originalità. Raramente sono stato affascinato da una trama, molto più spesso da uno sviluppo.
Lo Storytelling è vecchio come il fuoco - scrive Brenson - e giovane come un cinguettio.
È una questione di trasformazione, di originalità, di cambiamento e di sviluppo. È una questione di costruzione. Come scrisse Sterne, non è più tempo di soddisfare la bramosia di nuove avventure.
È, semmai, il momento di dare un senso profondo alle nostre opinioni.
Io sono Cristiano Carriero, storyteller, autore e speaker e questa una bozza dello speech che terrò a Torino durante il Salone del Libro. Se ti piace, vado avanti. Fammelo sapere però, ci tengo!
Il mio speech del SalTo sarà sabato 11 maggio alle 14.45 in Sala Madrid, nello spazio di Lucy Sulla Cultura. Il programma della sala lo trovi qui, fossi in te non me la perderei.
Fa buon fine settimana e mandami una cartolina virtuale su Whatsapp al 3386287834!
Ti abbraccio.
Bellissima coinvolgente e ammaliante, sarà un successo!