Linea a Mario Bianchi
O chi cambia canale è un truffaldino: dove si parla di pubblicità, storytelling di prodotti mai esistiti e social network morenti che lasciano spazio a piattaforme di intrattenimento
Ti scrivo mentre sto finendo di preparare gli ultimi dettagli della lezione che terrò a La Classe, a Bari, tra poco.
Parlerò di pubblicità. Non di storytelling, ma proprio di pubblicità.
E per farlo andrò alla ricerca delle parole che hanno reso iconiche alcune dii queste storie: “Ciribiribì”, “Or revoir”, “Cosa vuoi di più dalla vita?”, “Two gusts is megl che uan”. Ma non solo: mi soffermerò su uno dei punti di svolta di questa arte (che per quanto commerciale, resta tale): il confronto tra le tele promozioni di Mike Bongiorno e la trovata di Renzo Arbore in Indietro tutto. Ovvero: creare lo storytelling di uno sponsor che non esiste (sai di cosa parlo, se non lo sai alza la mano perché è fondamentale per la tua carriera e per la tua vita in generale).
Come ho avuto di ripetere più volte:
E quindi la nostra personalissima realtà è fatta sì di dati oggettivi, ma anche di storie. Mi piace citare l’esempio di Estathé, ma ne potremmo fare tanti altri.
Perché tornare a parlare di grandi pubblicità, oggi?
Non avevamo detto che alle persone la pubblicità non piace, che nell’era del digital non c’è spazio per le storie e che la nuova generazione è troppo presa dai social?
Che la pubblicità non piaccia, è tutto da vedere:
Tezenis fa una linea di pigiami in co-branding con Bauli: il claim è “A Natale puoi”. Ma le considerazioni più importanti sono due: la prima è che i social stanno piano piano scomparendo, almeno per come li abbiamo intesi noi fino ad oggi. Io e Sebastiano Zanolli ve lo diciamo da un annetto, più o meno, da quando è uscito Post Social Media Era. La settimana scorsa Internazionale esce con questa copertina.
Dal momento che i social network diventano a tutti gli effetti piattaforme di intrattenimento, ecco che vince chi ha belle storie da raccontare. Tra fiction e realtà.
In secondo luogo è utile sapere che le storie ritornano. Non è affatto detto che ciò che è stato apprezzato da una generazione non sia apprezzato da un’altra, una grande storia dura nel tempo, bisogna soltanto darle il giusto contesto. In questi giorni, grazie al roster di Sanremo, ho scoperto una parola nuova e che tornerà utile nei prossimi mesi. Si chiama Y2K - qui un bellissimo articolo di Rivista Studio - è il significato viene dal Millennium Bug e indica una nostalgia verso gli anni 2000 anche da parte di chi quegli anni non li ha mai vissuti. Una sorta di Fernweh tedesca - letteralmente “nostalgia di luoghi in cui non si è mai stati” - che impatta sulla musica, sulla moda (Y2K viene usato soprattutto in questi contesti), sullo sport dal momento che Tik Tok è pieno di video di partite di quegli anni e di conseguenza anche sulla pubblicità.
Con Giorgio Poeta abbiamo parlato di confini.
Francesca Marchegiano, storyteller, mi ha raccontato di archetipi e responsabilità.
Sono i primi due episodi del format “La Mastercafè”: pillole di intrattenimento formativo sul content marketing e sullo storytelling. È da un po’ che rifletto sul tema della formazione e penso che la parola “intrattenimento” non sia più optional. La brutta notizia è che non basta fare una bella inquadratura stretta su due persone sedute sul divano per ottenere l’effetto Last Dance. Bisogna lavorare molto, in aula e fuori, in azienda e nelle agenzie, per far sì che questa bulimia di possibilità di apprendimento si trasformi in qualcosa di nuovo. A me piace chiamarlo così:
intrattenimento formativo e sarà la mia personalissima ossessione del 2023.
Io sono Cristiano Carriero e questa è L’ho Fatto a Posta. Ti auguro buon ponte e hai deciso di farlo, come sempre e se ne hai voglia mandami una foto e una descrizione di dove sei al 3386287834.
Buona lezione a me e buon relax a te!
ps: perché un ps serve sempre. Ieri ho presentato 24/12 al Puglia Village, si replica il 18 dicembre in casa editrice Les Flaneur a Bari. Se sei da queste parti, fammi sapere!