L'Ucraina e la poesia della guerra
Esiste una nuova poetica della guerra. Contemporanea, dolorosa, immortale. Come i versi di Lyuba Yakimchuk e Serhiy Zhadan. La più antica forma di comunicazione per un conflitto anacronistico.
Sono circa otto anni, più o meno da quando la Russia ha annesso la Crimea, che il tema della guerra ricopre un ruolo di primo piano nella prosa e nella poesia ucraina. La guerra in corso ha ispirato due antologie poetiche in traduzione inglese, Letters from Ukraine: Poetry Anthology (2016) e Words for War: New Poems from Ukraine (2017), così come, più recentemente, due volumi della Contemporary Ukrainian Poetry Series: A New Orthography di Serhiy Zhadan (2020) e Apricots of Donbas di Lyuba Yakimchuk (2021).
Entrambi i poeti provengono dal Donbas dilaniato dal conflitto e, anche se non vivono più lì, sono emersi come portavoce della regione. Lyuba Yakimchuk, nata a Pervomaisk nell'oblast di Luhansk – ora occupato dall’autoproclamata Repubblica Popolare – risiede a Kiev e Serhiy Zhadan, nato a Starobilsk, sempre nell'oblast di Luhansk – ora sotto controllo ucraino –, vive a Kharkiv.
A New Orthography include poesie dalla nuova raccolta di Zhadan Catalogue of Ships, ma fornisce anche una selezione dai suoi due volumi precedenti, Aerial e Knights Templar. Tutte e tre le raccolte toccano il conflitto russo-ucraino, ma la prima rivela una nuova dimensione nel lavoro dell’autore, una preoccupazione per l’ecologia. La guerra colpisce in primo luogo gli esseri umani, ma devasta anche la flora e la fauna. Nella poesia di apertura, il poeta chiede di ricordare.
Cominciamo a sussurrare i nomi,
tessiamo insieme il vocabolario della morte.
Stare in piedi e parlare della notte.
Stare in piedi e ascoltare le voci
di pastori nella nebbia
che incantano su ogni singola
anima perduta.
Ed è il mondo non umano che assiste e piange a gran voce:
Ucraina orientale, la fine del secondo millennio.
Il mondo trabocca di musica e fuoco.
Nell'oscurità, pesci volanti e animali canterini danno voce.
Nel frattempo, quasi tutti quelli che si sono sposati allora sono morti.
Nel frattempo, sono morti i genitori di persone della mia età.
Nel frattempo, sono morti quasi tutti, gli eroi.
Catalogue of Ships ha molti eroi: gli uccelli e i pini sono i principali. Gli uccelli difendono lo spazio aereo: cantano quando i pini «prendono fuoco sul confine»; innalzano inni funebri; «testimoniano per quelli che stanno nelle fosse senza nome». Non c'è da stupirsi che il poeta voglia proteggerli: «Ognuno dovrebbe essere contato / non uno solo dimenticato». In tutto il libro sottolinea l'importanza della comunione e della comunicazione, non solo con gli umani, ma con tutti gli elementi della natura.
Comunione e Comunicazione. Che bel concetto. In fondo, sono parole così simili, soltanto tre lettere le separano.
La cosa più difficile, naturalmente, è parlare con gli alberi:
è come se tu non dovessi loro nulla
ma qui ti trovi di fronte ai pini,
distogliendo lo sguardo.
Il compito del poeta è di distogliere gli occhi e le orecchie, sì, ma è anche di trovare le parole giuste, parole che permetterebbero la comprensione, che allevierebbero «la mancanza critica di amore», come dice Zhadan. La guerra continua e il reportage deve continuare: un ponte scomparso, la terra bruciata dalle bombe, «il ramo nero di un fiume» su cui gli uccelli migratori hanno paura di volare. C'è bisogno di urlare. E Zhadan lo fa, eppure spera ancora di «raggiungere i nostri confini».
La voce di Lyuba Yakimchuk è più forte quando diventa personale, ma per lei quel personale include sempre gli altri. Nella poesia Preghiera, prega letteralmente perché la sua famiglia rimanga in vita, proclamando allo stesso tempo: «Porto dentro di me una Patria / e non posso vomitarla / perché circola come sangue / nel mio cuore». «Il nostro pane quotidiano lo diamo agli affamati», prega «e che smettano di divorarsi l’un l’altro».
Albicocche del Donbas non parla solo di guerra, ma anche dell’origine della poetessa e della sua identificazione con la regione ucraina. Lei è figlia di un minatore e il paesaggio industriale – con tutte le fabbriche e le miniere – è anche il suo stesso paesaggio. Resuscita la storia della regione invocando «le statue scolpite dai Cumani in mezzo alle steppe» e canta la sua peculiare bellezza, caratterizzata da abbondanti albicocche che crescono in mezzo alle miniere di carbone: «gli alberi di albicocche hanno teso le loro mani al cielo / le albicocche hanno messo i cappelli duri, giallo-caldo / e ora quando mangi le albicocche / trovi i carboni dentro». Quando inizia la guerra, la sua voce assume un’urgenza straziante: «Corri / molla tutto quello che hai e corri / lascia la tua casa, la tua cantina con i barattoli di marmellata di albicocche» – dimmi che non è meraviglioso. Yakimchuk si identifica con tutti gli sfollati del Donbas nella poesia Il ritorno:
Vogliamo tornare a casa, dove abbiamo avuto i nostri primi grigi,
dove il cielo si riversa nella finestra in raggi blu,
dove abbiamo piantato un albero e cresciuto un figlio,
dove abbiamo costruito una casa che è cresciuta ammuffendo senza di noi.
Eppure la strada di ritorno a casa fiorisce di mine.
Samuel Hynes scrive che «la guerra trasforma il mondo naturale in spazi malvagi e indescrivibili, e ogni cosa in spazzatura rotta, inutile e non identificabile – compresi gli esseri umani». Yakimchuk cattura questa rottura in Decomposizione, in cui nomi familiari di luoghi o persone sono spezzati in sillabe separate, che rispecchiano la distruzione causata dalla guerra. Pone domande, tra cui «Come inizia una guerra?», ma non fornisce necessariamente risposte. Il comportamento aggressivo di Yum nei confronti di bambole e soldatini (rompendo braccia e gambe) è una sorta di avvertimento.
Sia Zhadan sia Yakimchuk sono stati personalmente colpiti dalla guerra ed entrambi hanno sentito il bisogno di riferirne gli orrori quotidiani, di commemorare coloro che sono morti e di capire ciò di cui sono stati testimoni. E di cui sono ancora, drammaticamente, testimoni. Fa riflettere il fatto che esista ancora una letteratura e una poetica della guerra, e che sia attuale. Contemporanea, come quella degli ucraini. Immortale, come diventeranno i loro versi. Poesia come dolore, poesia come strazio, poesia come militanza.
Io sono Cristiano Carriero e questa è una puntata un po’ insolita di L’ho fatto a Posta. Domando venia, ma proprio non me la sono sentita di parlare di altro. E, in ogni caso, penso che la comunicazione non sia solo una skill professionale. La poesia è una delle forme più nobili di comunicazione e di comunione che il mondo conosca.
Oggi sono impegnato con La Classe a Bari e, quindi, risponderò in maniera meno solerte del solito, ma ci tengo alle tue impressioni, come sempre.
La mia traduzione è tratta da questo pezzo: War Poetry in Ukraine: Serhiy Zhadan and Lyuba Yakimchuk in cui trovi i versi in inglese.
Ti auguro un sereno fine settimana.