Nemmeno per Fiction
Dove si parla di un ingegnere ungherese, un progettista milanese e un imprenditore australiano a Napoli (e non è una barzelletta), della promessa di Apple e di una buona dose di utopia.
Alla fine dell’800, quando il Vesuvio era visitato esclusivamente a piedi o a dorso di mulo, l’ingegnere ungherese Ernesto Emanuele Oblieght affidò agli ingegneri Galanti, Sigl e Wolfart l’incarico di studiare un sistema che permettesse la salita al vulcano stando comodamente seduti. Come potrai evincere dai nomi, nessuno dei tre ingegneri era napoletano. Galanti, milanese, studiò tutti i dettagli meno uno, importantissimo.
L’impatto della funicolare sul territorio
L’inaugurazione della funicolare vesuviana avvenne il 6 giugno del 1880. I due vagoncini su cui venivano trasportati otto passeggeri alla volta si chiamavano Etna e Vesuvio. Il tragitto di 750 metri tra la Stazione Inferiore e quella Superiore veniva percorso in meno di 10 minuti. Erano pochi, però, gli avventori: il mezzo era troppo rivoluzionario, ma soprattutto era difficile scardinare la diffidenza nei confronti della carrozza ‘e ferramenta, preferendo continuare ad andare sul Vesuvio a cavallo del ciuccio.
Il progetto stava per arenarsi quando Thomas Cook, finanziatore dell’impresa e grande conoscitore delle dinamiche turistiche – sarà lui a inventare i traveler’s cheque –, decise di investire non su un ulteriore miglioramento della struttura, ma su una storia. Sì, proprio così. Dopo aver capito che non serviva rendere le carrozze più confortevoli o più veloci né tantomeno negoziare con i facchini che portavano le persone in cima al Vesuvio a cavallo del ciuccio, Thomas Cook incontrò un giornalista e noto paroliere (oggi diremmo storyteller) napoletano dell’epoca: Peppino Turco. Gli spiegò la questione e lo convinse a scrivere un articolo per quella nuova invenzione.
Peppino Turco, che aveva discrete capacità artistiche, ci pensò qualche giorno. Ne parlò con un amico durante una passeggiata a Chiaia e venne fuori un’idea piuttosto futuristica per l’epoca, ma interessantissima per noi che con lo storytelling ci lavoriamo. L’amico era nato a Castellammare di Stabia, si chiamava Luigi Denza e di mestiere faceva il compositore.
E se scrivessimo una canzone?
Credo sia superfluo dirti come andò a finire quella storia.
Nacque così una delle canzoni più famose della tradizione napoletana, italiana e mondiale. Una canzone per convincere le persone a prendere la funicolare, a guardare Napoli e le sue meraviglie dall’alto, dove il fuoco scotta, ma se fuggi ti lascia stare. E anche se quella funicolare nello specifico avrà una storia piuttosto breve, l’impatto di Funiculì Funiculà resterà per sempre.
(Ringrazio Enzo Memoli per questa storia)
La promessa di Apple - 2030
Hai visto il nuovo video di Apple? Quello in cui promettono di produrre solo prodotti carbon neutral entro il 2030? Lo so cosa stai pensando: se ti chiami Apple e hai quel budget, è troppo facile fare storytelling. Mi sento di appoggiare questa tua osservazione.
Dopo averlo visto, però, vorrei farti soffermare su due cose. La scelta narrativa: la “Cliente” è Madre Natura (Octavia Spencer). Molto esigente, gentile, accomodante, ma non incline ai compromessi. Ha fretta, ha un’agenda molto piena e tanti appuntamenti. Ha un assistente, la sua parola preferita è “next”, non si stupisce né si meraviglia perché ha urgenza di salvare il mondo. Semplicemente, l’azienda che va a visitare (Apple) ha il dovere di dare il suo contributo. E di farlo da subito.
E qui arriva la seconda cosa sulla quale ti invito a soffermarti. Octavia Spencer è una grande attrice e interpreta perfettamente il ruolo di Madre Natura. Ma nel ruolo di Tim Cook (oggi è giornata di Cook evidentemente), c’è Tim Cook. Lui e solo lui, il CEO dell’azienda può metterci la faccia. Non un attore, nemmeno per fiction, ma la persona più rappresentativa dell’azienda. Una buonissima interpretazione, tra l’altro. Questo video resterà, è una promessa. E da qui non si scappa.
Ne parlerò martedì prossimo nel corso Imprendautori, iniziato una settimana fa. Se ti va di affacciarti a qualche lezione, fammelo sapere.
Una buona dose di utopia
“Ogni progetto ha bisogno di una buona dose di utopia. Noi non dobbiamo desiderare che un ragazzo di Bari non vada a studiare a Bologna o una di Lecce non vada a lavorare a Milano. Dobbiamo, piuttosto, far sì che un ragazzo di Parma scelga di studiare a Bari o una professionista di Milano decida di venire a lavorare a Taranto. È possibile, non è solo letteratura”.
Grazie a Regione Puglia, Gianna Elisa Berlingerio, Rocco De Franchi, Alessandro Delli Noci.
Il mare a sinistra è qui. E questo è il discorso che ho tenuto alla Fiera del Levante di Bari per appoggiare la Strategia di attrazione e valorizzazione dei talenti in Puglia.
Io sono Cristiano Carriero, imprenditore, autore e speaker, e questa è L’ho fatto a Posta. Ti ricordo che il 27 e 28 ottobre ci sarà lo Storytelling Festival e che questo è il link per iscriverti. Trovi altre newsletter molto belle in Newsletterati. A ottobre mi trovi anche a Pisa all’Internet Festival (il 6) e a Bologna (7 e 8) ad Hacking Creativity Unplugged.
Ti saluto e ti auguro buon weekend, rifacendomi a un post dell’amico Giulio Xhaet.
So che “divertimento” è una parola complessa, che sono tempi difficili per tutti (io stesso ti ho raccontato delle mie difficoltà nelle ultime settimane), ma è assolutamente necessario tornare a divertirsi, ad aprire il computer la mattina – immagino che lavori con quello – e dire: “E vai, si comincia!”. Questo vuol dire impegnarsi con un’intensità diversa. E, se devo scegliere, tra il talento e l’intensità io scelgo sempre la seconda.
Stai bene. E divertiti davvero.