Non tutti i contenuti sono uguali
E neanche i contenitori. Dove si parla di gerarchia del content marketing, di storytelling della festa e del dolore. E ci si chiede se valga ancora la pena scrivere libri.
Quando consegno un libro, mi sento improvvisamente più leggero.
È una sensazione che ho provato spesso, negli ultimi anni. Ho pubblicato più di dieci manuali per Hoepli e la domanda che mi fanno più di frequente è: «Ne vale la pena?». Il mio rapporto con i libri – da scrivere – è un po’ come quello con gli Interrail che ho fatto durante gli anni dell’università: ogni volta, mi ripromettevo che sarebbe stato l’ultimo. Ci sono diversi motivi che mi hanno portato a scrivere e riscrivere libri. All’inizio era una questione di posizionamento e soddisfazione personale. E lo sforzo – o, come dicono quelli bravi, “l’effort” – era tutto dedicato a questo obiettivo. Con il mio nome su un libro, molte aziende mi avrebbero chiamato per lavorare con loro. Dopo il tempo dedicato a scrivere, arriva quello per divulgare, per fare speech, per sbattersi per vendere (che è una parte bellissima del nostro lavoro). E si tratta davvero del momento in cui ti chiedi se ne valga la pena. Perché, dopo la scrittura, ci son da fare le slide, bisogna imparare a parlare meglio in pubblico, occorre capire come fare per trasformare il libro in una consulenza o in un progetto. Alla fine, ti rendi conto che, a queste condizioni, il gioco non vale la candela.
Arriva un momento in cui capisci che continueranno a chiederti di scrivere libri solo se li vendi.
Sono arrivato ad avere tanti titoli sugli scaffali – miei e delle librerie – perché li ho venduti (qualcuno più, qualcuno meno), altrimenti avrei smesso dopo il primo libro. A onor del vero, ho continuato a riservare tempo alla scrittura perché ci ho guadagnato anche dei soldi, fosse stato per il posizionamento me ne sarebbero bastati due. O forse tre.
Quando ieri ho consegnato Post Social Media Era, il libro che ho scritto insieme a Sebastiano Zanolli, mi è quasi dispiaciuto. Capita, quanto ti rendi conto di avere ancora tanto da dire, ma non hai più pagine a disposizione. E allora tiri un sospiro di sollievo perché pensi che non hai dovuto riempire dei fogli, ma è venuto fuori un bel lavoro. Adesso ho un mese per sistemare la traduzione italiana di What Great Storytellers Know, poi penso proprio di fermarmi. Ho bisogno di cambiare linguaggio, di sperimentare nuove forme come i podcast e i video – a tal proposito, ho delle idee che ti dirò nella prossima puntata –, di rivedere la mia gerarchia dei contenuti.
Non tutti i contenuti – né i contenitori – sono uguali
Tra le pagine di un libro pubblicato da ROI Edizioni, ho ritrovato un vecchio amico. Be’, non proprio un amico, ma una delle prime persone che ho letto e studiato quando ho cominciato a interessarmi di content marketing. Si chiama Joe Pulizzi e ha fondato, diversi anni fa, Content Inc., scrivendo un best seller di successo che recentemente è stato rivisitato e tradotto in italiano con il titolo di Content Business. A un certo punto, nel suo testo, Joe parla di un tema a me molto caro, quello della gerarchia dei contenuti. Come si vede dall’immagine, anche lui consiglia di dare molta importanza alla newsletter e a forme più personali di contenuto, tra cui gli stessi libri, perché sono quelli che generano legami più a lungo termine. Tradotto: l’effort che dedichiamo ai social, a volte, è un tempo non ripagato da contatti di qualità.
Più di cinque anni fa, ho mandato un’email a Joe.
Lui mi ha risposto e mi ha regalato un virgolettato che è finito in un mio testo. Leggendo il suo libro, mi è venuta voglia di riscrivergli, gli ho ricordato quello scambio e ho invitato lui e sua moglie in Italia, in Puglia. Mi ha confermato che verrà molto presto. Nel frattempo, mi ha promesso che interverrà al compleanno de La Circle che festeggeremo – online – il 20 aprile. Fossi in te, verrei. Fossi in te, farei anche l’abbonamento a La Circle per un anno, visto che per il mese del festeggiamento costa solo 49 euro.
Questo è il vero valore dei contenuti e delle relazioni: mettere i più importanti nel punto più alto della tua scala di priorità.
Di morte non si parla (dicono)
«Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato». (Murakami)
Un’altra bella storia riguarda Natalia Pazzaglia, docente Holden e storyteller.
«Natalìa o Natàlia?», le ho chiesto al telefono.
«Natalìa», mi fa lei.
«Ho sempre timore a chiedere, ma è meglio farlo subito», le rispondo.
Quando l’ho invitata a parlare a La Content Fest, avevo letto dei suoi progetti, mi aveva colpito molto il suo modo di affrontare i temi di innovazione sociale e women empowerment online. Ma non sapevo che entrambə, qualche anno fa e per la stessa ragione, avevamo affrontato un tema molto difficile: il racconto del dolore, la scrittura del sé come introspezione. E così lei mi ha raccontato del suo Lasae – «Sfidando il tabù della morte e lo status quo secondo il quale del lutto non si deve parlare, vogliamo aiutare a vivere e attraversare una perdita» –, dicendosi molto colpita dalla genesi del mio Lutto Libero, di cui ho già parlato nelle newsletter precedenti.
Entrambə abbiamo pensato che lo storytelling possa diventare qualcosa di molto più grande di un progetto di marketing e comunicazione: a me raccontare ha aiutato a fronteggiare e, in qualche modo, superare il dolore. Così ho deciso di proporre un laboratorio proprio su questo durante i giorni de La Content Fest in Calabria (dal 27 al 29 maggio, Aldiana Club di Villapiana). Lo faremo insieme, io e Natalia, con chi vorrà iscriversi.
Non posso dire che sarà terapeutico, ma che sarà introspettivo lo assicuro.
Per le info su La Fest è quasi pronto il sito, nel frattempo puoi contattarmi qui o sui canali social de La Content. E se ti stai chiedendo qual è il nesso tra una festa, la formazione e il racconto del dolore, allora vuol dire che devi assolutamente conoscerci meglio!
Io sono Cristiano Carriero e questa è L’ho fatto a Posta. Ti auguro un buon fine settimana e ti lascio con due domande: qual è la tua gerarchia dei contenuti? A cosa ti dedicherai nei prossimi mesi?
Se mi scrivi, sono contento.
Se invece hai voglia di ripensarli insieme a me, scrivimi a cristiano@lacontent.it e lo facciamo.
P.S. Grazie a tutti quelli che, in questa settimana, mi hanno dato la possibilità di tornare a parlare in pubblico dopo un po’ di tempo: Webeing, FiordiRisorse e Università di Macerata.