Ogni volta che scrivi, sei uno scrittore!
Dove si parla di piccole abitudini e grandi cambiamenti.
L’ossessione per gli obiettivi, invece di aiutarci a migliorare, rischia di diventare un’ulteriore fonte di stress, e perfino di farci fallire. Noi non siamo i nostri obiettivi: siamo la somma delle nostre abitudini (James Clear)
This is the summer of AI discontent…
Inizia così, un prezioso articolo (e poco rilanciato) scritto da Scott Galloway, che ha attirato la mia attenzione a seguito di alcune considerazioni fatte insieme al mio team sull’intelligenza artificiale: una campagna è andata così così, ma ci ha dato la spinto a fare una contro-campagna che che farà parecchio parlare, ma questa è una storia che ti racconterò a tempo debito.
Nelle ultime settimane, gli addetti ai lavori e i media sono passati dal trionfalismo sull'IA a lanciare l'allarme: sono stati investiti troppi soldi e l'adozione da parte delle aziende sta vacillando. Se il computer è quello che Steve Jobs chiamava “la bicicletta per le nostre menti”, l'IA doveva essere il nostro più forte compagno di pedalata. Avrebbe sistemato l'istruzione, accelerato la scoperta di farmaci e trovato soluzioni per la crisi climatica. Non sta andando esattamente così.
La parte più difficile del lavoro con l'IA non è imparare a dare suggerimenti. È gestire il proprio ego e ammettere che si ha bisogno di aiuto e che il mondo ci passerà davanti se non si impara a usare un computer, PowerPoint, l’intelligenza artificiale.
6 consigli per utilizzare l'IA come partner
Chiedete idee, non risposte. Se chiedete una risposta, ve ne darà una (e probabilmente non molto buona). Come partner di pensiero, l'intelligenza artificiale è più adatta a fornirvi idee, feedback e altri elementi da considerare. Cercate di mantenere una conversazione aperta che continui a evolversi, piuttosto che affrettarvi a dare una risposta.
Più contesto è meglio. Una conversazione “generica” darà risultati generici. Dategli informazioni sufficientemente specifiche per aiutarla a creare risposte specifiche (la valutazione della vostra azienda, il vostro budget di marketing, il feedback negativo del vostro capo sulla vostra ultima idea). Poi, la conversazione può andare in direzioni diverse. Ecco, adesso applicate lo stesso principio anche nei brainstorming con gli essere umani.
Chiedete all'intelligenza artificiale di analizzare i vostri problemi attraverso quadri decisionali. Non esitate a farvi spiegare i concetti dal modello. Chiedete: “Come affronterebbe un CFO questo problema?” o “Quali sono i due framework che gli amministratori delegati hanno usato per pensare a questo problema?”
Chiedetegli di adottare un personaggio. “Se Brian Chesky ed Elon Musk fossero co-CEO, quali politiche di lavoro a distanza adotterebbero per il team di gestione?”. Questa è una domanda a cui Google non potrebbe mai rispondere, ma a cui l’intelligenza artificiale risponderà senza esitazione.
Fate in modo che l'intelligenza artificiale spieghi e difenda le sue idee. Chiedete: “Perché hai dato questa risposta?”. “Ci sono altre opzioni che puoi offrire?”. “Quali potrebbero essere i punti deboli dell'approccio che suggerisci?”. Anche questo, fatelo con i vostri collaboratori.
Fornite i vostri dati. Caricate i vostri PDF (piani aziendali, memo strategici, bilanci familiari) e parlate con l'intelligenza artificiale dei vostri dati e della vostra situazione. Se siete preoccupati per la privacy, andate a controllare i dati nelle impostazioni di GPT e disattivate la possibilità di addestramento sui vostri dati.
Tutti desideriamo avere accesso agli esperti. È per questo che una volta qualcuno ha pagato 19 milioni di dollari per un pranzo privato con Warren Buffet. È per questo che, nonostante tutta la stampa negativa sulla loro etica e inefficacia, le società di consulenza continuano ad aumentare le loro tariffe e a crescere.
In questo momento storico, le “persone più intelligenti nella stanza” pensano di essere al di sopra dell'IA. Presto, si vanteranno di usarla. Perché mai qualcuno dovrebbe assumere un medico, un avvocato o un consulente che è più lento e più stupido dei suoi colleghi? Assumereste qualcuno che ha un numero di fax sul biglietto da visita? Come dice Scott:
L'IA non ti toglierà il lavoro, ma lo farà qualcuno che capisce l'IA
Abitudini atomiche
Ho preso l’abitudine di mettere delle bandierine vicino alle mail. Ma non sono le classiche bandierine che servono a ricordarsi di rispondere, piuttosto dei giudizi che dò alla corrispondenza di ogni giorno. Poche mail rosse questa settimana, per la cronaca. Le mail con la bandierina rossa sono quelle che mi mettono di cattivo umore.
Parlo chiaro con te: non è una questione di maleducazione, almeno non lo è sempre. Parto dal presupposto che non esistano colpe specifiche e lungi da me fare una distinzione tra collaboratori, clienti o fornitori. Si scrive sotto pressione, si predilige l’assertività e l’obiettivo alla diplomazia o all’empatia, si cura più il business che i rapporti. Lo metto in conto, non ho mica iniziato a lavorare da ieri. Esistono i momenti: in determinati periodi della nostra carriere siamo più esposti, in altri meno. Ma se aprire quella mail ti fa venire il mal di stomaco, c’è qualcosa che non va e questo è il momento migliore per arginare i mal di pancia.
Forget work-life balance; make space and time for the things that make you your best self and prioritize the hell out of them (52 Weeks of Wellbeing, Ryan Hopkins).
Ho tanti progetti in ballo. Alcuni sono molto belli e remunerativi, altri belli e meno remunerativi, accetto di buon grado qualcosa che sia poco piacevole e comunque porti una soddisfazione economica, ma non accetto più progetti inappaganti. Lo devo a me, alla mia professionalità, alla mia felicità (soprattutto). Le bandierine mi servono a questo: a tirare una linea, a scegliere cosa tagliare, a rivedere i miei piani a medio lungo termine, a valutare sempre meglio a quali progetti dedicare il mio tempo e le mie energie.
All’inizio della mia carriera pensavo molto di più a soldi e carriera, più divento adulto più sposto la mia lancetta verso la soddisfazione (Federico Favot).
Ho preso molto seriamente questa cosa. Il tempo è un fattore importante, ma l’energia lo è ancora di più. Posso investire molto tempo in una cosa, ma sentirmi pieno di vitalità, è il motivo per il quale ho coniato il binomio “Stanco vivo”. Non possiamo pretendere di arrivare alla fine della giornata o della settimana senza essere stanchi. È fisiologico: per il lavoro che facciamo, la necessità di essere sempre aggiornati, l’importanza del timing (sempre più serrato non solo nelle consegne, ma anche e soprattutto sui feedback), la capacità di decidere nel minor tempo e nella migliore maniera possibile. Ma stanchi morti no. Imponiamocelo, e se ci pesa cambiamo. Stanchi vivi va molto molto meglio.
“L’obiettivo non è leggere un libro, ma diventare un lettore” (auto-cit)
Così come essere impiegabili è molto meglio che essere impiegati. Ogni singolo giorno ci ritroviamo a lottare con le nostre abitudini, perché siamo troppo occupati o troppo stanchi o troppo presi. O per centinaia di altre ragioni. Alla lunga, tuttavia, il vero motivo per cui non riusciamo a mantenere una abitudine è che l’immagine che abbiamo di noi si è messa di mezzo. Ecco perché è meglio non affezionarsi troppo a una sola versione della nostra identità, fosse anche quella professionale. Per progredire, a volte, occorre disimparare. Per diventare la migliore versione possibile di noi stessi occorre rivedere continuamente le proprie convinzioni. Prova a pensarla così:
Ogni volta che scrivi una pagina di testo, o una newsletter, sei uno scrittore o una scrittrice.
Ogni volta che ti eserciti a suonare la chitarra sei un musicista.
Ogni volta che inizi una sessione di allenamento sei un atleta.
Ogni volta che incoraggi i tuoi dipendenti/ collaboratori sei un leader.
Ogni abitudine non soltanto produce dei risultati, ma ci insegna anche una cosa molto importante: avere fiducia in noi stessi.
Il punto deve essere sempre il diventare quel tipo di persona, non l’ottenere un determinato risultato. È per questo che ho imparato a mettere le bandierine alle mail.
Io sono Cristiano Carriero, speaker e imprenditore, e questa è L’ho fatto a Posta, la mia nicchia di lentezza in un mondo che va veloce.
Questa puntata è liberamente ispirata al libro Atomic Habits, piccole abitudini per grandi cambiamenti, di James Clear. E a molto altro.
Fa buon fine settimana e ricorda che sono aperte le selezioni de La Classe (se vuoi informazioni, scrivimi al 338 6287834) e stiamo per fare il sold out con Storytelling Festival!