Posso fare qualcosa per te?
Dove si parla di gratitudine, di commozione, di storyteller col protafoglio vuoto, perfect match, lessico famigliare, di caccia all'invisibile e del senso di una Impresa. Contiene molti codici sconto.
Dire grazie è la cosa più importante, significa portare in una stanza qualcosa di buono. Abbiamo 168 ore alla settimana e comincerete a non sprecare più il vostro tempo. Sceglierete al meglio cosa guardare, cosa fare. Poi comincerete a dire no a progetti insulsi, che vi toglieranno la voglia di vivere. E poi la meraviglia. Questa parola inflazionata. La scoprirete nelle cose più piccole e semplici (Federico Favot, Storytelling festival).
Ho iniziato a scrivere il mio diario della gratitudine, su consiglio di Federico. Ero seduto in platea mentre lui, sul palco, diceva “tanto lo so che non lo farete”.
Pensavo fosse una cosa distante anni luce da me, invece è incredibile constatare quanto poco tempo ci voglia a scrivere ogni giorno cinque/ dieci cose di cui siamo grati e quanto sia utile lasciarne una traccia.
Per esempio negli ultimi tre giorni mi è capitato di essere grato per le seguenti cose: aver cantato in macchina “strani amori” di Laura Pausini (ognuno ha i suoi problemi, me ne rendo conto), aver ascoltato in un podcast la preghiera di Elisa Claps che dice “mi sento così fortunata”, aver preso tra le mie braccia Alessandro che ha 3 mesi, aver trovato una vecchia grattugia rossa che mi ha ricordato i pranzi della domenica con i miei genitori e Giovanni che di Alessandro è il padre. Sabrina che mi scrive che le siamo mancati, aver visto due adolescenti baciarsi fuori dalla Feltrinelli a Bari.
Di fatto non è successo nulla di importante nella mia vita, negli ultimi tre giorni. Eppure io ho riempito già tre pagine di quaderno.
La settimana scorsa ho scelto di non uscire con questa newsletter. Non si è trattato di mancanza di tempo, né di cattiva volontà. In realtà era tutto pronto, ma poi ho deciso che non sarebbe stato giusto. Quello che mi stava capitando doveva decantare questa volta. E quello che stava succedendo era lo Storytelling festival. Mi hanno chiesto più volte, in questi mesi, il perché di una manifestazione dedicata alle storie. “A chi serve?”, “Chi dovrebbe sponsorizzare una cosa così”, “Chi è il pubblico di questo evento?” sono state le domande più frequenti.
Chiedetelo al pubblico, chi è il pubblico.
Persone che hanno deciso di fermare la ruota del criceto, per due giorni. Persone che da tre giorni, come me, stanno scrivendo un diario della gratitudine. Che hanno capito che le storie sono ancora oggi la tecnologia più potente e persuasiva che abbiamo. Persone che non schifano i soldi, perché come ha detto Giorgio Soffiato
Uno storyteller col portafoglio vuoto fa più fatica a fare cose fighe.
Non ho ringraziato abbastanza: prima di tutto i relatori. Hanno scelto di uscire dalla zona di comfort, di portare sul palco di AncheCinema una storia nuova, diversa. Una forma differente di racconto. Mi piace ripetere che il teatro non è la sala meeting di un albergo. Chiede movimenti diversi, pause, gestualità, contenuti di un certo tipo. Sul palco di un teatro non puoi barare: un fatto non basta, devi portare una storia. Sono felice di aver riportato a Bari Claudio Riccio, Claudia Lorusso, Nicolò Andreula - che nella sua città ha scelto di tornarci definitivamente - Nicola Lagioia, Gianvito Fanelli di Vita Lenta. La loro carta di identità parla chiaro. Il loro posto è il mondo, ma l’anagrafe dice “Bari”. È stato bello riportare tutto a casa, citando uno dei miei scrittori preferiti:
Ma a che servono le storie quindi?
Le storie non sono solo un modo per passare il tempo. Le storie sono anche meccanismi psichici, forme che abbiamo inventato per conoscerci e per provare a disinnescare alcuni dei nostri meccanismi più distruttivi e violenti (Nicola Lagioia).
Non ho ringraziato abbastanza chi ha partecipato al Festival. L’ho detto alla fine dei due giorni, e lo ridico qui: senza il pubblico questo evento non esiste. E non parlo di spettatori, o di paganti. Parlo proprio di un pubblico attivo. Quello che si meraviglia, che si stupisce, che fa domande, che si diverte e si commuove.
Quando ho finito il mio speech ho ricevuto così tanti abbracci che nel diario della gratitudine non ci entrano. Prima Nicolò che è venuto nel retropalco piangendo, poi via via tutti gli altri e le altre. Persone che non avevo mai conosciuto prima che mi hanno detto: posso abbracciarti? Non è forse questo il senso di tutto? Non è il motivo per il quale ci svegliamo ogni mattina, ci sbattiamo come matti a scrivere progetti, proviamo a tirare fuori tutto quello che abbiamo in un evento? Io questa cosa della trilogia del Titanic la volevo fare a tutti i costi. Ci avevo anche provato, ma non mi era riuscita così bene. Forse avevo bisogno anche io del mio pubblico. Volevo parlare dell’importanza della prospettiva delle storie salendo su quella nave “che mi dicono che non può affondare”. Ma strada facendo mi sono accorto che imparare una storia non bastava. Ci dovevo mettere del mio. E mi sono ricordato chi mi ha trasmesso la passione verso quel disco del 1982, Titanic.
Quella persona è mio fratello.
Non un fratellastro, come lo chiamavano. Perché all’epoca essere figli di due madri diverse ti segnava a vita: fratellastro. Lo sentite come suona male? Quanto siamo perfidi, a volte, nella scelta delle parole. Il resto l’ho raccontato su quel palco. Mio padre che si toglie la vita, le nostre esistenze che vanno avanti in parallelo, mia madre che prima di morire mi dice soltanto: “Cristiano, è un attimo”.
La vita, è un attimo.
E noi questo attimo non possiamo perderlo facendo cose che non ci piacciono, che non ci danno soddisfazione, che non ci rendono felici.
E anche quando lo storytelling lo usiamo per il nostro lavoro, dobbiamo sempre andare alla ricerca del perfect match, come ha detto Claudia Lorusso:
La cosa importante da tenere a mente è che il tempo investito nella ricerca del perfect match è un investimento a lungo termine che metterà a disposizione del brand l'opportunità di diversificare le storie, di connettersi con l'audience in modo emozionale, profondo, autentico e allo stesso tempo efficace.
E poi ci sono loro: il team de La Content. Sono stati giorni difficili, prima dei giorni belli. Chi mi conosce lo sa. Abbiamo preso decisioni non banali, abbiamo dovuto rivedere molte nostre posizioni. Prima tra tutte, la leadership. L’anno scorso abbiamo vissuto un bel Festival, ma a fine evento c’erano troppi musi lunghi. Io per primo avevo deluso alcune persone del mio team, - lo scrissi anche qui - e questo non me lo sono mai perdonato. Era lo stesso motivo per il quale sono andato via da una azienda: si facevano eventi incredibilmente belli, ma non si tornava mai a casa felici. La prima cosa che ho fatto è stata affidare la conduzione a Fabrizio Ravallese e Luana Vollero far tornare in regia Marco Peca mettere tutto il team nella condizione di lavorare serenamente. Mettere me nella condizione di prepare uno speech come si deve. Sabato sera ho visto il team de La Content stanco ma felicissimo. Non c’era un un malumore, si scherzava, si cantava. Ho guardato i miei soci e ci siamo detti
“Ai conti ci penseremo domani, ma che bello è vederli/e felici? Non è forse questo, il senso di ciò che chiamiamo Impresa?”
Io sono Cristiano Carriero, e questa è L’ho fatto a Posta. Se non hai voglia di scrivere una diario della gratitudine, mi basta che mi scrivi almeno cinque cose per le quali sei grato/a. Cinque cose che ti sono capitate negli ultimi due o tre giorni. Te ne sarei - ça va sans dire - grato.
Ho alcune cose belle da dirti
Il 24 novembre inizia La Classe di Digital Storytelling. È un percorso che ha l’obiettivo di formare storyteller e digital content marketer di impresa. 12 settimane + due laboratori, docenti di altissimo livello, la possibilità di lavorare su progetti di scrittura, podcasting, social media marketing e branding con La Content e con le aziende che collaborano con noi.
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E poi la grande news per chi ha una storia nel cassetto.
La partnership tra La Content e Lucy sulla cultura è la grande novità per il 2024: tutti i corsi di scrittura saranno pensati, ideati e realizzati in collaborazione con quella che noi consideriamo la community culturale più autorevole del panorama nazionale.
Seminari, lezioni, eventi per incontrarci online dal vivo per migliorare la tua capacità di scrittura, assieme ad alcuni tra i migliori autori e autrice di romanzi, podcast, sceneggiature. Per prendere dimestichezza con la tua voce e imparare a dare forma a una storia mai scritta prima.
Si inizia con quattro appuntamenti: Lessico famigliare /la mia famiglia e altri animali (online), Il giro del mondo in 12 libri (weekend a Bologna), La gioia di scrivere (corso breve online), e gran chiusura con un weekend a Bari - nella sede de La Content - per “A caccia dell’invisibile” con Nicola Lagioia, Andrea Piva, Enzo Mansueto, Antonella Lattanzi.
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Grazie se mi hai letto fino qui. E adesso la grande domanda: posso fare qualcosa per te?