Ti ricordi il Bacardi Breezer?
Dove si parla di nostalgic branding, della reunion degli Oesis e di quella degli Oesais, di giacche antiglamour e del CEO di PayPal in cerca di un head of content.
I biglietti di Rossana Doll, non ce li abbiamo!! (Toti e Tata)
Sembra proprio che alcune frequenze non vogliano tramontare.
La scorsa settimana parlavamo di ritmi concitati e di frenesia che ha farcito le attese. Ma quando si pressa troppo, c’è sempre una reazione di riflesso opposta: è il rimbalzo di chi torna un attimo indietro, prende la rincorsa prima di avanzare ed è deciso a recuperare qualcosa dal passato per continuare a farlo respirare nel presente.
Il mondo del marketing ha già intuito che si può fermare il rumore a cui si era abituato e che la direzione più innovativa non è una proiezione in avanti ma uno sguardo nuovo verso ciò che abbiamo lasciato alle spalle. Ora le trovate più brillanti sono quelle che ripropongono vecchie reminiscenze da applicare a nuovi concept. Ed è un viaggio controcorrente ma anche un tentativo riuscito in partenza di attingere alla memoria collettiva per rivivere ricordi che già ci appartengono.
Funziona davvero?
Sì e sta succedendo ovunque, dai Caffè digital-free nati a San Francisco, ai Silent Reading Parties molto gettonati ad Amsterdam. In questi luoghi l’assenza di connessione non è una privazione, ma un lusso e un’occasione di godersi un silenzio corale senza darsi alcuna spiegazione. È il tempo di un digital detox che smette di essere una fuga e diventa un gesto più frequente, comune e consapevole, oltre che una gentile presa di posizione contro l'eccesso. In questo contesto, si inserisce un marketing emozionale che non vende solo future prospettive virtuali, ma esperienze da vivere in presenza.
Lidl by Lidl, l’antiglamour
Eravamo tutti piuttosto in fibrillazione per il ritorno degli Oasis dopo 16 anni di assenza dal palco come band e, con un tempismo perfetto, la catena Lidl ci ha prospettato la possibilità di indossare l’iconica giacca di Liam Gallagher.
Condizione sine qua non: è una giacca targata “Lidl by Lidl”. Un’azione auto-ironica che richiamando la famosa canzone “Little by Little” della band britannica, è diventata un fenomeno globale. Ma come ha fatto un capo d'abbigliamento apparentemente “obsoleto” a passare in un batter d'occhio dall'anonimato a status symbol? E a diventare virale senza mai essere di tendenza? Sarà perché il suo scopo è stato sin dall’inizio quello di risuonare con un certo tipo di stile anti-glamour che va perfettamente a braccetto con la nuova “normalità nostalgica”.
Grazie allo stesso trampolino emotivo, da queste parti qualcuno è riuscito a rubare la scena persino agli Oasis. Non sappiamo chi abbia avuto l’idea di approfittare della reunion del duo di Manchester per rilanciare Toti e Tata, al secolo Emilio Solfrizzi e Antonio Stornaiolo, anche se io un’idea ce l’ho, perché c’è del genio dietro. Il duo comico pugliese che sotto la guida di Gennaro Nunziante (il genio, appunto, colui che ha lanciato anche Checco Zalone) ci ha regalato perle come Filomena Coza Depurada, Il Polpo e Teledurazzo, ha calcato palcoscenico della Fiera del Levante nelle stesse date in cui gli Oasis hanno aperto il loro tour a Cardiff. Per la cronaca, quattro date sold out.
La mission? Celebrare la reunion con la loro community, far divertire combinando un mix di inni generazionali degli Oasis e inediti comprensibili solo agli orecchi pugliesi più allenati. Hanno riesumato una memoria collettiva che ha continuato per giorni a risuonare tra le strade di quella città che continuano a difendere prendendola in giro. Un commento a caldo del mitico duo riguardo la reunion dei colleghi britannici: «Per carità, sappiamo che Cardiff è bella, ma vuoi mettere Bari con l’odore del panzerotto fritto? La Fiera del Levante è la nostra Wembley».
Tu si bevàut?
Con il team de La Content abbiamo deciso di rendere questa reunion un evento ancora più tangibile ideando per il brand Produttori di Manduria e nello specifico per il Primitivo rosato Aka il concept “Akapait - Tu sì bevàute”, il vino degli Oesais per eccellenza: un rosato primitivo in purezza in edizione super limitata (999 esemplari che omaggiano, Solfrizzi, Stornaiolo e Nunziante). I più creativi hanno avuto occasione di conquistarla in Fiera poco prima dello show presso lo stand Produttori di Manduria. Come? Vincendola giocando a nomi-cose-e-città naturalmente. I più fortunato hanno vinto anche i biglietti per andare a vedere Rossana Doll, ma questa è per pochi. Menzione d'onore al presentatore Fabrizio Ravallese, che ha accolto tutti gli spunti più creativi sul campo da gioco e al team de La Content che ha lavorato al progetto: Piero Guerra, Silvia Vazzana e Mariapia Verni.
La gamification è un tassello fondamentale di questa nuova era comunicativa e a quanto pare non serve solo per fare engagement ma ha anche la potenzialità di rimettere in riga comportamenti scorretti grazie alla consapevolezza che una ricompensa può funzionare più di una punizione. Una prova recente?
In India circa il 41% dei viaggiatori non paga il biglietto del treno. Ma contemporaneamente vengono spesi 33 miliardi di dollari ogni anno per tentare la fortuna alla lotteria. Due dati divergenti che sono stati accomunati per creare il “Lucky Yatra”, un viaggio fortunato in cui il biglietto del treno è diventato anche un biglietto per partecipare a un'estrazione. Un gioco che soppianta una sanzione. E se la voglia di un viaggio in treno gratis può sempre tornare, la visione di uscire milionari dal tragitto, nella maggior parte dei casi è un po’ più forte. Il risultato? +34% di biglietti venduti e il vantaggio di aver trovato una strategia non basata sulla paura di essere beccati dal controllore ma sulla possibilità di trasformare la routine in memorabilità grazie a un biglietto del treno fortunato.
La stessa voglia di creare ricordi è riuscita a cambiare radicalmente uno dei momenti quotidiani più intoccabili degli ultimi anni, un rito ormai quasi sacro: fare aperitivo.
E i posti instagrammabili non sono più un’opzione se ci fanno alzare subito
Incontrarsi e stuzzicare qualcosa sorseggiando un drink non è più una pausa prima di cena, ma un'esperienza a sé stante, utile per creare connessioni e socializzare senza orari, vivendo un momento unico che sta stretto in foto (magari la scattiamo lo stesso, ma per abitudine). Ora si cerca l'atmosfera nei dettagli, nelle storie dietro ai cocktail e ci si siede solo ai tavoli disposti ad accompagnare conversazioni lunghe fino alla fine, senza fretta. E a dirla tutta, avere clienti che passano più tempo al tavolo, può trasformarsi in un’occasione anche per pub, ristoranti e bistrot, o almeno per quelli se riescono a coglierla al volo e progettare momenti indimenticabili.
Ti ricordi il Bacardi Breezer?
Chi ha abbracciato questa visione, ha anche capito che gli strong drink stanno cedendo terreno a bevande alcopops, più adatte a creare l’atmosfera giusta per questo momento. Kohl, Ghia, Magika e Gran Riviera sono solo alcuni esempi di brand che si sono presi la briga di ricreare drink analcolici dai sentori floreali e fruttati. Queste bevande, totalmente prive di alcool, stanno conquistando la scena con i loro nomi semplici, le loro etichette delicatamente colorate, ma soprattutto con il sapore di una storia alle spalle di cui vorremmo fare parte.
Ho notato questa tendenza anche grazie ad una esperienza personale. Da qualche settimana sto facendo una cura a base di antibiotici piuttosto pesanti, e chiedo sempre birra 0 alcool ai bar. All’inizio mi vergognavo un po’, ero molto scettico, mi giustificavo, poi ho capito che tutti i bar ne sono forniti e che c’è una vera e propria tendenza di mercato, che coinvolge anche i long drink: per esempio si usa moltissimo il gin zero per i gin tonic e così via. Non ultimo, sono stato ad pitch di startup e alla fine dell’evento c’era l’angolo drink completamente analcolico: “In America si usa così”, mi ha detto l’organizzatore.
Nel nostalgic branding il marketing non è lasciato al caso
Sì perché attingere ai nostri ricordi affettuosi non basta, bisogna maneggiarli con cura senza intaccare le tracce del passato, per riaccendere prudentemente vecchie connessioni in modo creativo. Tre esempi geniali di questa operazione che ha raccontato bene Daniel Muravskj di Marketingaroo:
1. Neutrogena: invece di girare intorno al tema spinoso dell'invecchiamento, ci ha ammaliati con le clip di Donna e David di Beverly Hills 90210. E a seguire il tocco di classe, un dermatologo senza peli sulla lingua e la sua battuta di punta: "Se ti ricordi di aver fatto il tifo per Donna e David, forse è arrivato il momento di iniziare a usare la Crema Rigenerante al Retinolo Neutrogena" . E la pillola amara della crema anti-età viene addolcita trasformando un potenziale disagio in un sorriso complice.
2. Smartwater: ha riportato in scena Jennifer Aniston con una campagna autoironica che ha saputo ribaltare il tormentone di Friends "Eravamo in pausa" nel rassicurante "Non ci siamo mai presi una pausa" (in realtà è proprio ciò che è successo durante i sei anni in cui la loro testimonial è stata Gal Gadot). Una mossa astuta e piena di umorismo per dichiarare la sua relazione con il brand come ben più solida e affidabile delle turbolente vicende di Ross e Rachel.
3. Subway: ha elevato il product placement a intrattenimento puro nel sequel di Happy Gilmore, dove Adam Sandler diventava testimonial della catena di sandwich per aiutare sua nonna a ripagare i debiti. Ora la chiave è ripercorrere lo stato Zen di Happy quando si trova sul campo da golf attraverso un'esperienza digitale coinvolgente che trasforma un vecchio ricordo in un "Happy Place" interattivo. Nascono così gli Happy Gilmore Meals con gadget da collezionare e scansionare per accedere al proprio personale Happy Place.
PayPal cerca un Head of content per il CEO (con una Ral da capogiro)
Mentre navighiamo nelle acque di questa nuova economia comportamentale, i consumatori sono diventati più smart che mai, non si accontentano di slogan vuoti e promesse gonfiate. Non cercano solo trasparenza e un senso di partecipazione ma li sanno anche riconoscere. E persino i giganti hanno dovuto rivedere la comunicazione da adottare ai vertici. Me ne sono reso conto definitivamente quando ho letto l'annuncio che ha pubblicato PayPal per reclutare un Head of CEO Content, a cui viene richiesto di disegnare una narrazione identitaria su tutti i canali del brand legata alla figura del CEO dell’azienda. Cercano qualcuno che con un compenso da capogiro (sì, quel range tra i 169.500 e i 291.500 dollari che vediamo nell’inserzione ci fa capire la portata di questa nuova missione), sappia comunicare la leadership in modo autentico, qualcuno che non sia una presenza in più ma una figura imprescindibile.
È la conferma che, anche tra i colossi globali, la consapevolezza sta crescendo: il vero valore non sta nel "riempire" il vuoto”, ma nel dare forma e coerenza a un pensiero preesistente, nel costruire un'identità che riecheggi nel tempo e ispiri fiducia. Tutto sommato significa abbracciare un compito nobile della comunicazione: non solo dire, ma essere ciò che viene detto. Se l’esempio venisse “copiato” da altri CEO - in Italia inizia ad esserci un mercato in tal senso - sarebbe un’ottima notizia per chi lavora con la scrittura e con i contenuti.
Se vuoi, puoi applicare qui!
Quanto costa un creator?
Il consumo mediatico personalizzato è un fenomeno che ha rivoluzionato il modo in cui accediamo all'informazione e all'intrattenimento. È un'onda che ha fatto impennare youtuber, instagrammer e tiktoker fino a eclissare progressivamente i media tradizionali. Non è un sorpasso casuale, ma una naturale evoluzione di un meccanismo che premia l'autenticità, la vicinanza e la capacità di parlare direttamente a nicchie specifiche. I creators, con la loro immediatezza e la loro connessione diretta con il pubblico, hanno saputo costruire comunità fedeli, diventando le fonti di informazione e intrattenimento predilette. Il The Guardian ci dice di più: si prevede che quest’anno i social media creators, in termini di ricavi pubblicitari, supereranno i media tradizionali, “certificando” il loro peso crescente nell'ecosistema mediatico.
Se guardiamo YouTube ce ne accorgiamo subito. Non è più solo una piattaforma video, ma una vera e propria "infrastruttura" essenziale per la distribuzione editoriale. È il luogo dove nascono tendenze per essere approfondite e dove la gerarchia tra "produttore di contenuti" e "consumatore" si è fatta sempre più liquida, favorendo un ecosistema più dinamico e partecipativo.
L’ascesa degli esperti e degli appassionati è stata inevitabile. In un panorama saturo di informazioni generaliste, gli utenti cercano autorevolezza e conoscenza approfondita della materia e storie legate a un’esperienza realmente vissuta. Così, gli influencers "tutto-fare" perdono un posto a tavola per far spazio agli "esploratori di nicchie", la cui credibilità non deriva dalla quantità di follower, ma dallo spessore dei contenuti e dalla capacità di generare valore reale per una community specifica.
Quindi ora l’informazione che ha un seguito consistente e affezionato è solo quella digitale?
Rispondere di sì significa dimenticare qualcuno. L'editoria fatta bene esiste ancora e dato il contesto, si tratta di un ambito doppiamente esemplare. Nel labirinto di fake news e clickbait, i progetti editoriali che puntano sulla qualità, sulla verifica dei fatti e su un modello sostenibile, rappresentano un faro in piena notte. Contro ogni pronostico, Il Post è riuscito a sostenersi autonomamente per ben cinque anni di utile, dimostrando che è possibile fare informazione di qualità senza dipendere esclusivamente dalla pubblicità.
L’evoluzione di un modello attento al lettore, basato su un rapporto di fiducia e la continuità (gli abbonati valgono il 75% dei ricavi) è una preziosa lezione di resilienza per l'intero settore. Non si tratta di inseguire mode frammentate, ma di costruire un prodotto solido, che risponda a un'esigenza reale e che rispetti l'intelligenza umana del proprio pubblico. È la prova che la qualità, alla fine, paga sempre.
Io sono Cristiano Carriero, storyteller, fondatore de la Content e speaker e questa è L’ho fatto a Posta, la mia nicchia di lentezza in un mondo che va troppo veloce. I settimana, ad Ancona, ho presentato Presenza, all’interno della rassegna Provviste.
Il titolo dell’ultimo libro che ho scritto per FrancoAngeli | Le conoscenze per innovare e per la collana Nuove voci del lavoro curata da Silvia Zanella. L’ho presentato due sere fa ad Ancora. È stata una bellissima serata trascorsa al Lazzabaretto (uno dei miei posti del cuore, ed ho scoperto anche di Andrea Girolami), con uno di quei tramonti che solo il Conero sa regalare.
Abbiamo dialogato sulla necessità, oggi, di essere presenti ma non presenteisti, di avere cura e responsabilità piuttosto che controllo.
Ringrazio Luca Lorenzetti per la conduzione, è stato un moderatore eccellente e preparato e Francesco Vernelli per l'organizzazione. Il prossimo appuntamento con Presenza è venerdì 18 luglio a Trani (a La Darsena) con Vincenzo Topputo.
Grazie all'editore, a Misa Giuliani e Maria Ferrara per il lavoro che stanno facendo per supportare il libro!
ps: se vuoi presentare il libro nella tua città o nella tua rassegna, scrivi a cristiano@lacontent.it!
pps: ci sono nuovi biglietti - e nuovi ospiti - per Storytelling festival, non ci mettere troppo!
Chiudere con un tramonto è forse il miglior modo di salutarvi prima del weekend quindi direi che per oggi è tutto!
Al di là dell'ineccepibile spiegazione sull'alcol free che ultimamente ho dovuto analizzare a più riprese per dei clienti, ho riso molto per il tuo racconto sulla birra 0 alcol perché io l'ho assaggiata per la prima volta proprio ieri sera. Col mio lavoro, mangiare e bere fuori fa, appunto, parte del lavoro. Quindi spesso, in situazioni rilassate e conviviali con amici, non ho voglia né di mangiare elaborato e né di bere alcolici.
Ieri un'amica ha ordinato la birra 0. Mia first reaction: shock! Poi ho chiesto spiegazioni e siccome sono curiosa di qualsiasi cosa si muova accanto a me, soprattutto se riguarda ciò che ingurgitiamo, l'ho voluta provare. Ma che bellezza è? Birretta con gli amici, stesso gusto ma con un terzo delle calorie. E senza alcol.