Ti ricordi quell'estate?
Dove si parla di pizze fredde e di calzoni, di sogni, di coppe e di campioni, ma anche di maturità, di iperconnessione e di amore, da Catullo ai giorni nostri.
Una settimana fa ero con la mia amica Vera Gheno, a Rimini.
Prima del talk sul nostro libro – dico nostro perché Vera di Post Social Media Era ha scritto la Prefazione e anche uno dei capitoli più importanti, quello sul “Ritorno all’umano” –, l’ho ascoltata sul Mainstage del Web Marketing Festival. Sono rimasto stupito dalla sua capacità di tenere un palco così difficile: non è stata intervistata, non aveva delle slide da mostrare, si è preparata una sorta di monologo e lo ha raccontato per quindici minuti. Ha parlato dell’importanza della cultura e della conoscenza, soprattutto della capacità di condividerla. Ha recitato un passaggio in cui spiegava che è la curiosità ad averci permesso di evolvere come specie. Il futuro, senza curiosità, è una parola vuota. Soprattutto ha dedicato il climax del suo speech alla scuola. La scuola del “come si deve fare” che deve diventare la scuola del “come si può fare”.
Sono andato ad abbracciarla. Ti capita mai di essere orgoglioso di una persona che conosci? Non ho potuto fare a meno di dirle che ero rimasto colpito, affascinato, estasiato dal suo monologo. Sul palco della book presentation abbiamo scherzato di quell’accademica che l’ha definita “una influencer del nostro tempo” con fare molto snob.
Qualche giorno dopo, un libro di Vera e di Bruno Mastroianni è stato scelto come traccia per gli esami di maturità: s’intitola Tienilo acceso. Posta, commenta, condividi senza spegnere il cervello (Longanesi), è di quattro anni fa, ma ancora attualissimo. La traccia recita, tra le altre cose:
“Nel tuo percorso di studi hai avuto modo di affrontare queste tematiche e di riflettere sulle potenzialità e sui rischi del mondo iperconnesso? Quali sono le tue riflessioni su questo tema così centrale nella società attuale e non solo per i giovani?”.
E mi è venuto da sorridere al pensiero di un mondo in cui un/una maturando/a può scrivere su Instagram a Vera e a Bruno e dire che è felice di aver scelto di parlare del loro libro. Allora, ho immaginato come sarebbe stato poter scrivere a Catullo e dirgli che ho scelto la traccia sull’amore e sull’amicizia dall’epoca dei Romani ai giorni nostri (1998):
“Amore e amicizia: due sentimenti che hanno ispirato le pagine più belle delle letterature classiche. Discutetene, proponendo esempi dei sunti da opere e autori della storia letteraria greca e/o latina”.
Gli avrei scritto più o meno questo:
Ciao Catullo, ho scelto la tua traccia. Che poi non è tanto la tua traccia, perché di amore hanno parlato in molti, da Saffo in poi. E forse anche prima. Però, se dovessi scegliere un passaggio sull’amore, uno su tutti, sceglierei il tuo. Sono due righe. Semplici, potentissime. «Odi et amo». Òdet amò, in metrica. Ho cercato per una vita (breve, ho da poco compiuto diciannove anni), la potenza di quelle due righe. «Quare id faciam, fortasse requiris». Forse ti chiedi come possa fare ad amare e odiare allo stesso tempo. «Nescio, sed fieri sentio et excrucior». Non lo so, ma sento che accade e mi tormento. Penso che non bastino duemila anni per scrivere qualcosa di così potente, perfetto, musicale. E che tutti quelli che sono venuti dopo sono partiti da qui. Perché tu hai scritto la canzone perfetta, quella che non ha bisogno di ulteriori spiegazioni.
Per la cronaca, avrei scritto anche a Saffo, a Orazio e al povero Leopardi, destinato all’incomprensione e al pessimismo. Ma Leopardi mica era un pessimista. Col cazzo. Alzai i toni a quel punto del mio tema, poi qualche anno dopo scoprii questo bellissimo passaggio di Auguri professore in cui si parla proprio della sua concezione del dolore.
Leopardi riteneva che non se ne potesse più dei piagnistei e che il fallimento della politica stava nel non mettere a frutto gli ardori giovanili, ovvero il desiderio di vivere e la rabbia per non poterlo gridare.
«E fu allora che, per la prima volta, mi resi conto che mi piaceva insegnare: che trasmettere abilità rende abili, che trasmettere intelligenza rende intelligenti, che trasmettere speranza aumenta la speranza. Cominciai a insegnare per questo: per togliere l’opaco dagli occhi dei miei alunni».
Ricordiamo con fervore la nostra maturità non solo per i mal di pancia e per gli incubi ricorrenti, ma anche perché quello che scegliamo ce lo portiamo dietro, in qualche modo, per tutta la vita. Ecco perché oggi sono ancora più orgoglioso di essere amico di Vera (e di Bruno, anche se con lui ho avuto meno occasioni di chiacchierare): ci sarà gente che non dimenticherà mai di aver scelto la loro traccia. E tra vent’anni sarà ancora attuale parlare di iperconnessione, qualunque cosa accada.
La maturità è stata raccontata nelle canzoni e nei film, non so se chi è abile a mescolare ingredienti sceglierebbe mai l’estate del 2022. Il motivo è fin troppo semplice: non ci sono i Mondiali. Che poi avrebbero dovuto esserci, solo che fa troppo caldo in Qatar e quindi si giocheranno a novembre. E l’Italia non c’è. In realtà, l’Italia non c’era nemmeno agli Europei del 1992, l’anno di una delle maturità più famose della letteratura contemporanea italiana, quella di Alex e Aidi, i protagonisti di Jack Frusciante è uscito dal gruppo. Ma c’era la Danimarca, e tanto bastò a rendere indimenticabile quell’estate.
In Notte prima degli esami – Oggi, Brizzi non ha resistito, invece, all’idea di raccontare l’estate del 2006, quella del gol di Grosso. Per quanto riguarda me, be’ io ho fatto l’esame di maturità nel 1998. Quella dei Mondiali di Francia, di Ronaldo rimesso in piedi non si sa come per giocare la finale e di Baggio che dice: «È uscita di tanto così». Dopo aver quasi eliminato la squadra di casa ai quarti di finale.
(“È uscita di tanto così” sarà anche il titolo del mio prossimo podcast che realizzerò durante i Mondiali del Qatar.)
«Notte di giovani attori, di pizze fredde e di calzoni, notte di sogni, di coppe e di campioni», canta Venditti.
E mica è un caso. Eppure ogni estate, ogni esame di maturità è un film da raccontare. Tu cosa racconteresti di questa estate del 2022? Che cosa passerà alla storia – a parte il caldo tropicale, la guerra e la fine (o il riposo) del Covid – di questa stagione? E perché secondo te servono cose futili per rendere indimenticabile un’estate? Svolgimento.
«Cinquecento anni fa, Cristoforo Colombo
Volle fare una vacanza in giro per il mondo
Fu il primo ad arrivare negli Stati Uniti
Che prima di allora non si erano mai sentiti
Importò il rock, il jazz e anche jeans sdruciti
Le patate con gli hamburger ed una cifra di miti
Che ogni estate ci raffioran dalla radio e tv
Per adesso porco cane non se ne può più
E nell'anniversario della scoperta americana
Qui da noi torna di moda la musica italiana».
(Estate 1992, Lorenzo Jovanotti)
Lo spoiler di cui avevi bisogno
Abbiamo lanciato La nuova Masterclass de La Content. Si terrà a ottobre (21 e 22) a Bari. Quest’anno la dedichiamo tutta allo storytelling e al content.
In un ecosistema sempre più liquido, tra metaverso e intelligenza artificiale, contano ancora le parole? E come possono le storie migliorare il nostro business e la nostra vita? Dieci esperti di storytelling, brand purpose e content marketing rispondono a queste domande sul palco de La Content. Tra ispirazione e pratica, tra teatro e laboratorio. Tra palco e realtà, perché di questo – della realtà – parla lo storytelling.
Abbiamo lanciato un biglietto al buio. Ovvero: tu ti fidi di noi e, senza conoscere gli speaker, compri il ticket a un prezzo ridotto, 90 euro. Bene, questa è l’unica sede – vedi, hai fatto bene a leggermi fino a qui – in cui anticiperò alcuni dei nomi. Saranno con noi: Andrea Fontana, Francesca Marchegiano, Alice Orrù, Matteo Bortolotti ed Elisa Contessotto, Sara Poma di Chora Media, William Sbarzaglia, Giorgio Poeta e tanti altri, come il direttore creativo di Amazon Prime. Ecco, mi sembra un buon motivo per esserci. L’offerta vale fino al 10 luglio e la ragione è molto semplice: tu ci dai fiducia, noi prepariamo un evento ancora più bello. Ed efficace.
Perché lo storytelling non è decorazione. Lo storytelling serve.
Io sono Cristiano Carriero, e questa è L’ho fatto a Posta – Maturità Edition.
P.S. Dopo essere stata definita “influencer dei nostri tempi”, a Vera è stato anche dato l’appellativo di “studiosa à la page” (Corrado Ocone, Libero). Si sprecano le definizioni quando non si vuole ammettere la bravura di una professionista eccezionale.
P.P.S. E tu su cosa hai fatto il tema della maturità? Te lo ricordi?
Buon fine settimana e non studiare troppo!