E adesso giura
Dove si parla dell'effetto T'appartengo, di ChatGPT, dei contenuti creati dall'intelligenza artificiale vs quelli creati dal cuore umano, delle mamme del Marocco e della canzone più virale del momento
Ho provato a farmi scrivere questa newsletter dal tool del momento: ChatGPT. Oh, hai visto mai, magari i prossimi fine settimana mi risparmio una fatica.
Ci ha messo 3 secondi circa, ma siccome non ero molto soddisfatto, gli ho chiesto se poteva approfondire la tematica dello storytelling legata al business.
Indubbiamente siamo a un punto di svolta per il content marketing. L’altro giorno, parlavo con il mio socio Alessandro di quanto certi Social Media Manager potrebbero davvero non servire più. La buona notizia si trova proprio in quel “certi”.
Se trasmetti lo stesso livello di emozioni di un tool, puoi smettere di fare questo lavoro
Puoi smettere di scrivere, in generale. Ma questo è il motivo per quale non ti devi preoccupare tu e non mi devo preoccupare io. Tu, perché continuerai a ricevere e leggere una lettera scritta da un essere umano. Una persona che ha connessioni emotive, aneddoti, ricordi, storie, fatti, citazioni, opinioni personali – anche sbagliate –, posizioni. Che sceglie la parola più pesante o quella più leggera, che si assume un rischio, che accetta la possibilità di un refuso in cambio della possibilità di cambiare, con la scrittura, il corso delle cose. Io, perché accetterò serenamente il progresso (trovo questo tool potenzialmente utilissimo per una serie di cose), ma mi tengo ben stretti i miei piccoli poteri.
L’intelligenza artificiale è uno strumento straordinario, la scrittura è un superpotere.
Siamo a un punto di svolta per il content marketing, dicevo. Ma lo storytelling resta un’altra cosa.
E adesso giura
Ma quando ci sorprenderà l’inverno, questo amore sarà già un incendio. (T’appartengo, Ambra)
La settimana scorsa ho parlato dell’effetto Y2K e della nostalgia di luoghi in cui non si è mai stati. Impatta sulla musica, sulla moda (Y2K viene usato soprattutto in questi contesti), sullo sport e su tutto ciò che è “contenuto”. Il grandissimo successo dell’esibizione di Ambra a X Factor va esattamente in questa direzione.
Quando Ambra ha cantato per la prima volta il singolo aveva solo diciassette anni: caschetto riccio, gilet, cravatta rossa e gonna scozzese da scolaretta, come una Britney italiana pronta per diventare un’icona immortale della televisione. Quest’anno, alla finale di X Factor, dopo aver partecipato come giudice della gara, è tornata con il suo brano attesissimo, stavolta con outfit bianco e nero e uno stuolo di ballerini ad accompagnarla. Cravatta nera, cropped shirt, playback e microfono ad archetto. Passi più moderni, ma che ricalcano quelli conosciuti. La performance è servita per fare entusiasmare i più giovani: le mosse di Ambra, del resto, si prestano bene anche a TikTok. In un attimo, T’appartengo ha scalato le classifiche iTunes e i trend di YouTube.
La ricetta è (solo apparentemente) semplice: prendi un clamoroso successo del passato, attualizzalo, solletica l’orgoglio di chi quel momento l’ha vissuto e la curiosità di chi lo vede per la prima volta. Utilizza le nuove piattaforme di intrattenimento come non avresti utilizzato i social, e tutto cambia. Quest’ultimo punto è davvero fondamentale e senza approfondirlo non possiamo andare avanti. I “vecchi” social – su questo tema ci ho scritto un libro, ma mi sono stancato di dirtelo – hanno creato fazioni, sopratutto a livello generazionale. Come se la nostalgia fosse proprietà di qualcuno. Facci caso: su Facebook spopolano (o spopolavano) pagine come “Ma che ne sanno i 2000” oppure “Operazione Nostalgia”. Sulla piattaforma che sembrava nata per dividere definitivamente la Gen Z dalle altre sta succedendo qualcosa di molto diverso: la nostalgia ha smesso di essere esclusiva ed è diventata improvvisamente e clamorosamente inclusiva. That’s it.
Il Mondiale si gioca solo d’estate
Abbiamo speso fiumi di inchiostro per dire che i Mondiali d’inverno non hanno senso, che sono brutti e che sono meno romantici, ma poi ci siamo resi conto, all’alba della finale di domani, che una delle due nazionali che giocherà non aveva mai visto un Mondiale d’estate. Domani a Buenos Aires, Argentina, sarà caldo, scorreranno fiumi di birra, si cucinerà asado in compagnia e il sole batterà forte. Conviene ricordarsi, ogni tanto, che non esiste solo la nostra parte di mondo.
Dicono che gli arabi scrivono al contrario, Mohamed ha detto che io scrivo al contrario. (Il Secondo Secondo Me, Caparezza)
E sempre a proposito di contrari (e di Mohamed), vale la pena spendere due parole sulle splendide storie che arrivano dal Marocco, nazionale che oggi si giocherà una storica finale per aggiudicarsi il terzo o quarto posto. La storia è quella delle mamme dei calciatori (sedici su ventisette nati lontani dalla loro patria) che, a fine partita, scendono in campo a ballare.
“Sul prato dello stadio – ha scritto Giulia Zonca su La Stampa – dove si è appena giocata la partita ci sono i calciatori del Marocco con le loro mamme felici, commosse, decisive. Hanno pulito le strade, le scale, hanno servito in mensa e lavato i corridoi degli ospedali, hanno aspettato di essere incluse e in poche ci sono riuscite, hanno protetto la famiglia dalle cattive compagnie e ora sono le facce destinate a cambiare la percezione del calcio, del tifo e quindi di un pezzo piuttosto significativo di vita. Succede con queste donne con il capo coperto e con queste preghiere portate fuori dalla moschea, ma soprattutto con un gruppo riunito dalla diaspora per giocare a pallone, grazie al talento ripescato da ogni dove. La madre di Boufa usciva di casa al mattino alle sei per fare le pulizie e quando il figlio le ha chiesto un anno per capire se poteva diventare «un calciatore vero» lei glielo ha concesso, ha aggiunto i turni di notte. Ora ha al collo una Louis Vuitton e un iPhone e saltella sopra un successo che non si sarebbe mai immaginata di vedere”.
La nazionale marocchina ci ha raccontato molte altre belle storie, per nulla banali. Nei Mondiali che dovevano essere solo quelli dei divieti, della non inclusione, si è sentita inclusa come mai prima.
Hanno giocato, hanno ballato, hanno pregato
Non cambia molto, restano le leggi assurde del Qatar, i morti nei cantieri, la non inclusività, ma se una volta di più ci ricordassimo che nel nostro continente si sta combattendo una guerra assurda, mentre i prezzi del gas e dell’energia continuano a salire, e la smettessimo di ergerci a paladini della giustizia, noi che in molte città italiane chiamiamo l’espressino “marocchino” e che abbiamo coniato l’orrendo termine vu cumprà, forse – dico forse – saremmo più credibili.
La cosa più virale del Mondiale 2022 resta comunque questo bellissimo canto, una sorta di preghiera laica in cui si invoca un dio (Don Diego) e un semidio (Lionel Messi) e che su TikTok è diventato un vero e proprio tormentone. Si chiama Mucachos (e può creare dipendenza):
En Argentina nací, tierra de Diego y Lionel / de los pibes de Malvinas que jamás olvidaré / No te lo puedo explicar, porque no vas a entender / las finales que perdimos, cuántos años las lloré / Pero eso se terminó porque en el Maracaná / la final con los brazucas la volvió a ganar papá / Muchachos, ahora nos volvimos a ilusionar / quiero ganar la tercera, quiero ser campeón mundial/ Y al Diego en el cielo lo podemos ver / con Don Diego y con la Tota, alentándolo a Lionel.
Sono nato in Argentina, terra di Diego e Lionel, dei ragazzi delle Malvine (le Falkland, per gli inglesi) che mai dimenticherò. Non te lo posso spiegare, perché non capiresti: quanti anni ho pianto per le finali che ho perso. Però tutto questo è cambiato il giorno in cui abbiamo battuto i brasiliani a casa loro, al Maracaná. Muchachos, ora torniamo a sognare: voglio vincere la tercera (la terza coppa), voglio essere Campione del mondo. E possiamo vedere Diego in cielo, e con lui e con chi lo ha generato, accompagniamo (spingiamo) Lionel.
La traduzione è mia, e per farla non ho usato Deepl né altri tool. Io sono Cristiano Carriero e questa newsletter, L’ho fatto a Posta, non è stata scritta con ChatGPT.
Parole umane destinate a umani.
Ti auguro un buon fine settimana e delle serene feste di Natale, che tu sia cristiano, musulmano, laico o ateo. Che tu viva nella parte del mondo in cui è inverno o in quella in cui è estate. Che tu sia fan di T’appartengo dal 1995 o dal 2022.
P.S. Domenica 18 dicembre (domani) presento il mio romanzo 24/12 in casa editrice, a Bari. Se passi da Les Flâneurs, ti offro un pezzo di panettone e un bicchiere di spumante!