A domandarti come stai, si corre sempre un certo rischio.
È l’incipit di una canzone di Daniele Silvestri e Niccolò Fabi, si chiama “Sornione” (in questo video di repertorio cantata da me con Fabrizio D’Elia, ma tanto so che non sarai così masochista da aprirlo).
Il rischio che risponderai, e questo sai non è previsto.
Eppure la maggior parte dei messaggi e delle email che mandiamo, le stesse newsletter iniziano con questa domanda. Come stai?
Ma quante volte ci soffermiamo davvero ad attendere una risposta o a rispondere sinceramente? In alcuni casi facciamo lo sforzo di dire “Bene, dai” o “Tutto sommato bene”, quando in quel Tutto sommato ci sono una serie di cose che non vanno, ma che in fondo non riguardano né la salute né gli affetti e quindi decidiamo che potrebbe andare molto peggio.
Tu come stai, davvero? Ti va di raccontarmelo?
Quando con un cliente, un partner o un collaboratore sento che c’è sincerità, empatia, scambio reciproco in questa risposta, tutta la conversazione prende un’altra piega. Io sto bene, sono molto indaffarato, nelle ultime due settimane ho sofferto più nella gestione delle risorse umane – per la prima volta nella mia vita ho avuto delle oggettive difficoltà dovute alla crescita de La Content e a una non adeguata prevenzione di alcune situazioni – che nel mio lavoro quotidiano. È evidente che la mia attività è cambiata e lì dove soltanto pochi anni fa potevo cavarmela sempre da solo, oggi devo dedicare la maggior parte del tempo a confrontarmi con altre persone. È stata una mia scelta. È un processo più difficile del previsto, ma mi piace tantissimo. Sto per consegnare un romanzo: la mia editor ha detto che è molto bello – e non era scontato, per me mai nulla è scontato – ma che devo dare forza a due/tre personaggi e stare attento a non sbagliare il finale. Perché la gente aspetta al varco:
Vedi, Cristiano, tu non sei uno scrittore. E la gente, soprattutto quella che scrive per mestiere, non vede l’ora di dirti che faresti meglio a occuparti di altro. Tu non devi permetterglielo.
Mi ha fatto molto pensare questa cosa. Perché ha ragione, e non perché il mondo è cattivo e tutte quelle storie lì. Ma perché è tremendamente difficile – io vivo questo trauma da quando ero bambino – far capire alle persone, che sono tante (e diverse), le cose che possono appassionarci. E che incredibilmente possono persino riuscirci bene.
Emilie Wapnick, scrittrice e imprenditrice, in un famoso Ted Talk di qualche anno fa, aveva parlato di multipotenziale, ribaltando alcuni dei consigli tradizionali per avere successo nella vita e nel lavoro e spiegando che la strada della specializzazione non è sempre, necessariamente, la più valida o sicura. I multipotenziali, grazie alla loro poliedricità, riescono a sviluppare diversi punti di forza e si realizzano veramente solo se si dedicano a passioni e ambiti differenti.
All’improvviso assistiamo alla proliferazione di corsi di formazione sull’innovazione e sulla creatività. Rivolti ai dirigenti come al personale più operativo. Forse questa esigenza è dovuta alla scossa che la pandemia ci ha dato o forse all’accelerazione della rivoluzione digitale; forse semplicemente il momento è adesso. La sintesi è che bisogna dotarsi di immaginazione, non replicare il passato e agire con innovazione e creatività. Come suggerisce questo articolo de Il Sole 24 ORE.
Nel dubbio, tu preferisci lavorare sui tuoi punti di forza o su quelli di debolezza?
Io ci ho provato gusto a dedicare del tempo a qualcosa di nuovo, di lontano dalla mia quotidianità, anche di difficile. Sono uno che nella zona di comfort ci sta pure bene, ma non posso permettermi di annoiarmi. Se ripeto la stessa lezione per tre volte di fila, inizio a sbadigliare e, se mi occupo delle stesse cose a lavoro per più di un anno, rimetto tutto in discussione. Ma è il mio carattere, e probabilmente questa tendenza deriva dal fatto che non sono eccezionale in nulla. Non è una cosa negativa: io non sono eccezionale nello studio, non lo sono nello sport – nemmeno a fare l’arbitro, sennò sarei arrivato più in alto – e nemmeno in una delle tante sfaccettature del mio lavoro di comunicatore. Sento insomma di non avere un grande (e unico) talento. Però so anche che posso impegnarmi per diventare piuttosto bravo in tutto e che quindi non sono “condannato” a dover fare solo una cosa.
Non c’è meglio o peggio. Probabilmente se fossi un grandissimo tennista, mi sentirei costretto – un po’ come Agassi – a gareggiare e vincere. E se fossi un genio della matematica, mi sentirei sprecato a dedicare le mie forze ad altro. Questa del multipotenziale è davvero un’ottima scusa per provare a fare un po’ quello che mi pare. Tipo, adesso, chiudermi in una stanza per le prossime due settimane e mettere a posto questo benedetto romanzo. Lo farò con tutto l’impegno del mondo perché, in fondo, ci vuole un grande talento anche a scoprire di non avere nessun talento.
E questa è già una cosa.
Ricordati di dirmi come stai, mi raccomando.
Io sono Cristiano Carriero e questa è L’ho fatto a Posta.
P.S. PayPal sta valutando l’acquisto del social media Pinterest. Sarà perché è uno di quelli che è rimasto, negli anni, al riparo da polemiche e controversie, a differenza di quanto è invece toccato agli altri? Nel frattempo, Facebook ha annunciato un rebranding. Rumors dicono che potrebbe chiamarsi FB o solo Face perché la parola book è troppo antica. Mah.
Bonus track: un estratto di una bella chiacchierata con Paolo Iabichino, aka Mr Purpose. Che è una questione di vocazione e di slancio:
P.P.S. Questa newsletter è – come avrai capito – anche un terreno di sperimentazione. Se qualcosa ti piace più di altro o qualcosa non ti piace proprio, ti prego di segnalarmelo o suggerirmi eventuali temi che ti piacerebbe io trattassi. Sinceramente eviterei di parlare di fisica o di balistica, ma se mi vuoi chiedere di parlare di teatro, posso provarci. Sempre perché sono multipotenziale.
Buon fine settimana!|
Ciao Cristiano è sempre un piacere leggerti. Che dire? Anche io mi sento un po’ “multipotenziale” o forse piuttosto sento di avere un po’ smarrito il mio potenziale. In generale comunque credo che il tuo sia un valore, nella misura in cui consente di reinventarsi e adattarsi a nuovi stimoli. Questo non significa certo disconoscere il valore delle specificità che però se utilizzate in maniera esclusiva tendono ad appiattirsi su modelli che possono diventare non adattabili a contesti diversi. Riflessioni della domenica mattina 🤷🏼♀️
Buongiorno Cristiano, non sai quanto mi ha confortato leggere che ti consideri un multipotenziale, pensavo di essere il solo e mi sentivo anche un po' in colpa 😀.