Message in a bottle
Dove si parla di Tornanza, di futuro, di creatività, del branded content più antico del mondo, del circolo dello storytelling e dell'ebrezza di provare a fare qualcosa mai visto prima.
"Saremo anche una generazione sfortunata e con meno possibilità di quella precedente, non lo metto in dubbio. Ma io non cambierei mai la mia epoca con quella dei miei genitori, anche se loro potevano comprarsi una casa facilmente e noi no".
Ieri mattina ho registrato un podcast con Flavio Albano, che sta seguendo un progetto molto bello che si chiama Tornanza, ritorni e innesti orientati al futuro. Siamo partiti dalla gratitudine, dall’importanza di dare peso - e scrivere - tutto ciò che ci succede di bello. Io lo faccio tutte le sere - grazie, Federico - e alla fine di ogni mese rileggo e mi accorgo di aver sorriso perché una domenica mattina, al Salone del Libro, ho incontrato Naoise Dolan e le ho chiesto se ha voglia di venire a Bari allo Storytelling Festival.
E lei mi ha detto di sì.
Con Flavio, abbiamo parlato di andate e ritorni, di progetti realizzabili e utopici - ci vuole sempre una buona dose di utopia - e infine di futuro. Penso di non aver risposto alla sua domanda (quando ascolterete il podcast mi direte), ovvero identificare tre aggettivi per descrivere il futuro. Ad un certo punto, però, mi sono sentito libero di dirgli che no, io non cambierei questa epoca con quella che alla mia stessa età hanno vissuto i miei genitori. Perché loro si sono potuti comprare facilmente una casa, è vero, ma noi abbiamo allargato a dismisura i confini e gli orizzonti. E se oggi possiamo parlare di Tornanza, è perché abbiamo la possibilità di andare, prima ancora che di tornare. E di usare la parola “Casa” in molti più contesti.
Forse sono troppo pigro per fare un mio podcast
Ed è per questo che mi piace molto partecipare a quelli degli altri. Mi ricorda il primo fervido periodo della blogosfera, quando avevo un mio blog ma scrivevo principalmente per altre realtà. Mi è servito tantissimo, perché mi ha dato la possibilità di allargare il mio network, farmi conoscere da community differenti, adattare il mio linguaggio - e quindi i miei argomenti - alle diverse idee editoriali.
Con Giovanni Lucarelli, un paio di settimane fa, abbiamo parlato di creatività al lavoro e di quanto sia importante connettere le parole agli obiettivi che ci prefiggiamo di raggiungere.
In un testo, in un messaggio, in una mail o in un progetto. Lo puoi ascoltare qui:
E comunque no, non sono pigro. Nelle prossime settimane inizierò a scrivere un podcast per una produzione cinematografica, parlerò di partite mai giocate, per ora non posso dirti di più. È una sfida che mi affascina molto, e ne sono felice. Un esempio: quella volta che l’Unione Sovietica si rifiutò di andare a giocare in Cile dove c’era la dittatura di Pinochet e i padroni di caso giocarono 11 contro 0 facendo addirittura un gol.
Più il contenuto diventa una commodity, più abbiamo bisogno delle storie giuste
Ho provato il nuovo ChatGpt4o, è incredibile. La modalità vocale è in grado di tradurre in tempo reale dall'inglese all'italiano, si possono caricare foto da far analizzare al chatbot, il che vuol dire che oggi è già possibile chiedere all’AI di scrivere un post Linkedin dandogli una foto. Io ci ho provato e i risultati sono stati sorprendenti dal punto di vista della descrizione. L’ars combinatoria, però, è un’altra cosa, e quella l’AI ancora non ce l’ha. Ed è su questo che dovremo continuare a lavorare per creare contenuti originali e storie coinvolgenti.
Ieri al BMT ho raccontato la storia della Funiculare circumvesuviana. Quando Thomas Cook si accorse che nessuno voleva prendere la Funiculare, perché il contesto era ostile e i local preferivano continuare ad usare il mulo come mezzo di trasporto, chiamò un giornalista in soccorso. Si chiamava Peppino Turco e spesso lavorava insieme ad un compositore di Castellammare di Stabia, Luigi Denza, col quale condivideva la passione per la musica e quella per le terme, dove passavano le loro estati. I due proposero a Cook e Obleight, l’ingegnere ungherese che aveva progettato la Funiculare quello che oggi chiameremmo branded content.
E così, sulle note di una canzone che da quale giorno in poi sarebbe diventata discretamente famosa, i napoletani iniziarono ad usare la Funiculare.
Ho provato a riassumere lo storytelling circle qui.
Intuizione ed epifania sono due fasi molto importanti, ma non sempre possiamo progettarle o definirle a priori. Per questo è importante metterle a sistema, io consiglio sempre di avere un posto (analogico o digitale) in cui scrivere tutte le intuizioni e provare già a svilupparle. Un pezzo di un film che ci ha colpito, la frase di una canzone, una vecchia fotografia da raccontare, un evento fisico. Lo storytelling è un mindset e favorire le intuizione è - come direbbe un poeta - la cosa più antica, difficile del mondo. Se ti interessa, nelle prossime puntate, posso approfondire l’argomento e svelarti qualche trucco.
Poi bisogna creare una connessione emotiva con i nostri pubblici. Chi sono? Che storia vogliono ascoltare, e perché? E in cosa si immedesimano?
Solo a quel punto dovremo chiederci qual è l’obiettivo della nostra storia. Quando i nostri antenati mandavano messaggi nelle bottiglie (ammesso che lo abbiano mai fatto), volevano attirare l’attenzione di qualcuno e mandare a queste persone un messaggio. Poteva essere un messaggio d’amore o di salvezza, ma quando hai solo una occasione, peraltro di difficilissima realizzazione (la bottiglia che raggiunge l’altra sponda), hai una sola possibilità: lavorare benissimo sul messaggio.
Ecco, questo è un buon consiglio che mi sento di darti: usa ogni opportunità di scrittura come se fosse un messaggio nella bottiglia.
Io sono Cristiano Carriero, autore e speaker, è questa è L’ho fatto a Posta. Mentre scrivo, nella Classe de La Content si sta tenendo un corso che si chiama A caccia dell’invisibile con Nicola Lagioia, Enzo Mansueto, Andrea Piva e Antonella Lattanzi. È l’ultimo di un percorso di 4 corsi fatto con Lucy Sulla Cultura. Ma l’anno prossimo lo rifacciamo!
Te ne regalo un estratto.
Il greenwashing degli eserciti è un paradosso pazzesco
Lo scorso anno l’esercito del Regno Unito ha pubblicato un breve video promozionale di 40 secondi in cui un gruppo di militari interviene durante un’alluvione per soccorrere una madre rimasta intrappolata in auto con il proprio bambino. Il video mostra un quartiere residenziale inglese completamente allagato, case e veicoli sono inagibili e i militari che avanzano tra i detriti con l’acqua alla vita. Dopo aver raggiunto l’auto e messo in salvo la madre, uno dei militari prende in braccio il neonato, lo culla dolcemente e sussurra piano per tranquillizzarlo: Shhh I got you, I got you (“Ti ho preso, ti ho preso”).
Lo spot, che è parte di una campagna di reclutamento per raccogliere nuove adesioni, termina con uno slogan dai toni aspirazionali: The army is more advanced than ever, but nothing can do what a soldier can do (“L’esercito è più avanzato che mai, ma niente può fare ciò che fa un soldato”) a sottolineare che nessuna tecnologia, per quanto all’avanguardia, possa sostituire le qualità umane di un militare in carne e ossa.
Gli eserciti più importanti del mondo si stanno sempre più posizionando a favore della sostenibilità climatica, cercando di spacciare per "verdi" persino le guerre. Una scelta che sembra essere dettata, più che da una reale preoccupazione per la causa, da logiche di reclutamento e da meri interessi economici.
Ne ha parlato Camilla Capasso in questo articolo per Lucy, in collaborazione con La Content.
È tutto! Ringrazio tutte le persone che hanno deciso di iscriversi a questa newsletter nell’ultima settimana, - grazie agli studenti di Mastermind e alle persone che sono sono venute ad ascoltare il mio speech al BMT - potete recuperare le puntate precedenti cercando nell’archivio! La prossima settimana uscirà Professione Content Marketer, lo presenterò in anteprima in Officine Credem* - se sei dalle parti di Reggio Emilia fai un fischio o iscriviti qui - il 12 giugno.
*La nuova casa dell’Innovazione di Credem nasce dove un tempo sorgevano le Officine Reggiane, ispirandosi alle radici di quel luogo e al suo spirito. Agli inizi del Novecento le Officine Meccaniche Reggiane erano considerate un luogo di avanguardia e di modernità all’interno del contesto della rivoluzione industriale, in cui si producevano oggetti destinati a rivoluzionare lo stile di vita delle persone. Oggi, a distanza di oltre un secolo, nel Parco Innovazione e nelle Officine Credem, ci si muove con lo stesso spirito per creare idee e progetti, più immateriali ma altrettanto rivoluzionari. Seguendo un filo intrecciato da lavoro, creatività, relazioni, idee, innovazione e progresso che unisce il passato con il presente e spinge lo sguardo verso il futuro.
Chiudiamo con una bella news: abbiamo un nuovo, una nuova, ospite internazionale allo Storytelling Festival. Si tratta di Naoise Dolan.
Nata a Dublino dove ha studiato Letteratura Inglese al Trinity College e ha conseguito poi un master in Letteratura dell’età vittoriana a Oxford. “Tempi eccitanti”, suo primo romanzo, è stato un best seller internazionale tradotto in più di venti paesi.
Parlerà di come “Scrivere storie generazionali” e ci ha promesso che lo farà in italiano (ieri mi ha scritto soltanto “dai, ho quasi cinque mesi per studiarlo!”).
Ho amato tantissimo il suo Tempi eccitanti, credo che la sua scrittura sia qualcosa di raro, anzi di unico. E sono felicissimo di averla con noi, all’interno di un programma che diventa sempre più ambizioso, e si avvicina sempre di più a qualcosa di mai visto prima. Ecco, cosa mi rende grato oggi.
Provare a fare qualcosa mai visto prima.