Prendiamocelo, questo tempo
Dove si parla di premura, del test della domenica pomeriggio, del potere della riscrittura, del Panier a Marsiglia, di andare veloci in un paese lentissimo, di fermarsi proprio prima di ricominciare.
Non basta essere occupati; lo sono anche le formiche. La domanda è: in cosa sono impegnato? Qual è il significato delle mie attività quotidiane?
Spero tu abbia passato e stia passando una bella estate. A me, personalmente, ha dato molto questa stagione. È quella in cui ho deciso di passare un po’ meno tempo davanti ad uno schermo, di dire sì a cose che in altri tempi avrei rimandato (tipo scegliere di andare a studiare in un’altra città), di migliorare il mio inglese, perfezionare lo spagnolo, rispolverare una lingua che amo: il gallego. Mi è persino venuta voglia di iscrivermi ad un corso di francese. È stata l’estate del mare a sinistra nella prima parte (a Giugno, dopo ABCD) e del mare sempre più al centro poi, con la scoperta di modelli come Liverpool e Marsiglia.
In questo post Instagram spiego meglio il concetto
È stata l’estate, un’estate, come tante altre in fondo: respiriamo, ci domandiamo se quello che facciamo ha un senso più profondo, ci facciamo promesse e scegliamo buoni propositi da abbracciare man mano che si avvicina settembre, come se dovessimo tornare a scuola. In questi casi il “test delle domenica pomeriggio” funziona sempre, specie se provi a farlo l’ultima domenica di agosto.
Esiste un modo semplice per capire se ti piace la tua vita, un test rapido e chiaro che ti dà la misura di quanto sei felice di quel che fai: basta che aspetti la domenica sera, e guardi come ti senti. Tutto qua, non serve altro. Perché il fine settimana puoi passarlo a riposare o a divertirti, ma il sabato passa e passa la domenica mattina, con la colazione tranquilla e magari un pranzo fuori. Poi il sole cala e gli fai una bella foto col telefono per fermarlo sullo schermo, ma il tempo non lo fermi, il tempo porta il buio e la domenica sera, e davanti a te si scoperchia il panorama del lunedì e di un’intera settimana uguale al solito. E da qui, da come ti senti davanti a questo panorama, capisci quanto ti piace la tua vita. (Fabio Genovesi - Cadrò, sognando di volare)
Scrivere è riscrivere
Lo provo ogni fine estate e puntualmente mi viene voglia di cambiare qualcosa. Per esempio mi è tornata la voglia di scrivere di fiction. Dopo l’esperienza del romanzo (che stiamo traducendo per il mercato spagnolo) mi sono preso una pausa. Troppo tempo da dedicare ai saggi, ai manuali, a La Content come giusto che sia e a tutto il resto. E poi scrivere non è solo scrivere, è soprattutto leggere, è imparare, mettersi in discussione. Scrivere è sostanzialmente riscrivere continuamente. Ad esempio, in 24 dicembre, uno dei personaggi del romanzo sceglie di andare a vivere a Marsiglia. Solo che io Marsiglia non l’avevo mai visitata, l’avevo letta solo nei libri di Izzo. Da lontano. Se solo potessi riscrivere quella storia oggi che sono stato al Panier, senza nessun taccuino. Semplicemente sedendomi ad uno di quei tavolini traballanti a bere un Pastis, sotto il Mistral che spazza via ogni nube e scopre quel cielo così azzurro. Azzurro Van Gogh, per intenderci.
Poi arriva quello che ti dice: “Ma lo sai che Lutto Libero mi ha cambiato la vita?”. O chi ti scrive che “raramente ho letto tanto lirismo, tante curiosità e tante vicende umane in libri dedicati al calcio” e allora la voglia torna. Non fosse altro per non deludere la gente. Quindi scriverò e riscriverò, a costo di liberarmi di altro tempo.
“Vivere al Panier era una vergogna. Da un secolo. Il quartiere dei marinai, delle puttane. La piaga della città. Il grande lupanare. Per i nazisti, che avevano progettato di distruggerlo - l’ordine ariano non tollera l’entropia dei marsigliesi -, un focolaio di infezione per il mondo occidentale”. (Caos totale, Jean-Claude Izzo)
Scrivimi tu, adesso
Tu come stai? Che hai fatto di bello? Hai dei rimpianti? Vorrei che me lo raccontassi scrivendomi una lettera di quelle che non si usano più. Qual è la cosa che ti pesa di più? Io credo di avergli trovato un senso, e un nome. Ogni volta che arrivo alla fine di un viaggio, mi attanaglia la stessa ansia (lo sento proprio dal ritmo del respiro): quella del tempo che passa troppo in fretta. Perché all’inizio ho davanti tanti giorni, tante tappe, le esperienze da fare sembrano infinite e ogni giorno mi sveglio con la curiosità di un bambino. Poi, man mano che passano i giorni e ci si avvicina alla fine, io non riesco proprio a non pensare che in fondo è così anche la vita. I viaggi sono la cosa che più mi ricordano la vita, passano troppo in fretta. Ma se il tempo ha fretta, io ho premura.
Se la terra mi chiama non posso
Restare chiuso fra quattro mura
Ho premura di vivere
(Bandabardò, BeppeAnna)
Molto veloce, in un paese lentissimo
E la premura non la puoi fermare. Non possiamo permetterci di finire nella ruota del criceto. Ho amato Michela Murgia, soprattutto negli ultimi tempi. Perché come ha scritto Nicola Lagioia, andava “Molto veloce, in un paese lentissimo”. Ma se c’è una cosa che possiamo imparare da lei, e dal suo insegnamento (qualcuno ha parlato di battaglia, ma è un termine sbagliatissimo), al di là delle nostre idee e del nostro pensiero che può essere anche profondamente diverso dal suo è che non abbiamo bisogno di avere i giorni contati per avere e dimostrare coraggio.
Lo scatto
Piazza della Frutta, Padova, una sera d’agosto. Il ragazzo di Glovo, seduto ad aspettare ordini dall'algoritmo. È seduto sul cippo dedicato ad Enrico Berlinguer: in quel punto ha avuto il malore (durante il suo ultimo comizio) che lo ha portato alla morte.
La fine e il come siamo finiti, ha scritto Osvaldo Danzi su Linkedin.
Grazie Lionello Borean
Ti chiedo scusa
Forse ti aspettavi una lettera diversa oggi. Un po’ di foto dump dei posti che ho visitato, le giuste motivazioni per ricominciare, e invece io l’ho buttata sul tempo e sui giorni che passano, sulla domenica pomeriggio, sul respiro che si fa mano mano più affannoso. Spero di non averti intristito. Ma spero di averti costretto, questo sì, a sederti per leggere. E conto di riceverei una tua risposta, al più presto.
Sono tornato a lavoro da una settimana.
Lo Storytelling Festival sarà stupendo e non vedo l’ora. Anche quest’anno siamo partiti con “chiamiamo massimo dieci speaker” ed eccoci qui ancora una volta a pensare di prolungare i giorni perché amici come Michele Dalai e Giulio Xhaet ci scrivono, semplicemente, “Bro, ci sono anche io”. Saremo tanti e tante, affronteremo temi come l’origine, la meta, l’importanza di disimparare, il climate change, viaggeremo nello spazio e tra i mari. Sono sicuro che saranno le storie - insieme ai dati, all’intelligenza artificiale, alla progettazione - a salvarci dalle preoccupazioni e dai turbamenti di questi tempi. Per me non è solo un Festival, è ossigeno. Così come sarà bellezza la partnership che annunceremo a breve con Lucy sulla cultura. Per migliorare nelle scrittura, imparando dalle più brave e dai più bravi.
Ho tanto ancora da dirti, ma adesso lasciamelo scrivere: abbiamo tempo. Prendiamocelo, questo tempo.
Io sono Cristiano Carriero - autore, imprenditore e speaker - e questa è L’ho fatto a Posta, newsletter che si appresta ad iniziare la sua terza stagione. Se ti piace la mia scrittura puoi sostenerla in tre modi: condividendo questo post sui tuoi social, offrendomi un caffè, mandando il link della puntata ad un amica/o che non mi conosce e dicendole “Ehi, iscriviti!”. Ma la cosa più importante, per me, è sempre ricevere una tua lettera. Scrivimi.
Agenda
Come il prete alla fine della messa, alcuni annunci di servizio. A fine settembre, 27-30, sarò in Sicilia, a Marsala; il 6 ottobre a Pisa per l’Internet Festival, l’8 ospite di Hacking Creativity unplugged. Il 12 settembre inizio il percorso online di Imprendautori, il 27 e 28 ottobre ci vediamo a Bari per lo Storytelling Festival. Ho certamente dimenticato qualcosa, ma se ti venisse voglia di chiamarmi per qualche evento il mio numero è 338 6287834.
Anche se ti venisse voglia di mandarmi un messaggio su Whatsapp. Una foto, una cartolina, un pensiero. Ti aspetto.
Caro Cristiano,
è un piacere ritrovarti nella newsletters sul finire di agosto, tra l’aria calda e umida che preannuncia quella settembrina.
È stata una estate calda, piena di vuoti e di caos con ritmi lenti che stenti ad accettare nell’immediato e hai l’inquietudine di lasciare quando stai per ricominciare.
Ho letto poco in estate e in modo frammentato.
Ho letto meno libri e più newsletter, ho ascoltato meno musica e più podcast.
L’ossigeno è stato Forme, lì ho respirato la mia sana ignoranza e la mia voglia di mettermi in discussione.
Sono partita per la Grecia dopo 21 anni con un gruppo di persone che non frequento abitualmente e mi sono sentita accolta e appagata. Mi sono imbattuta in storie complesse, gioiose e dolorose, ma belle e mi hanno restituito fiducia e ridato speranza. Bei paesaggi quelli di Lefkada, alcuni spazi ancora non trasudano la turistificazione.
A casa ho ospitato amici e famiglia, ridato vita alla cottura nel forno a legna e annusato odori e sapori di pietanze che sanno di infanzia, di gioia, di ricordi.
Un po’ di teatro e qualche concerto non sono mancati, ma davvero pochi e scelti.
Ho 57 anni e ho premura di vivere quello che non ho potuto o voluto vivere, anche perché mi restano da vivere meno anni di quelli che ho vissuto.
Il test della domenica pomeriggio lo supero sempre facilmente se vedo i volti dei miei ragazzi, meno facilmente per altro, ma bisogna mediare.
Spero di spendere al meglio il mio tempo e di avere abbastanza coraggio per vivere.
Grazie, per il tuo “come stai?” Sa di bello.
A presto
P.S. Continua a scrivere, “Nodini di mozzarella summer”, poi “Lutto libero” mi ha cambiato la vita.
( condividi il merito con Tommy Di Bari )
Caro Cristiano, bello leggerti in questo fine agosto. Leggere di tempo, di emozioni lasciate dall'estate, di coraggio della comprensione e coraggio del fare.
Per me è stata una estate con tanto respiro. Per la prima volta dopo anni ho deciso che avrei respirato, dilatato il tempo, non organizzato viaggi frenetici in luoghi frenetici. Avrei dato tempo al respiro a contatto con la natura e al movimento fisico inteso come capacità non performativa ma capacità di ascolto di ogni singolo pezzo del proprio corpo, della struttura ossea, dei capelli, dei denti, dei muscoli, dei tendini. Ho camminato, ho nuotato nei ruscelli, ho passeggiato, ho visitato, ho ascoltato i racconti della linea gotica e ripassato molta storia della resistenza italiana sui confini tra Toscana e Emilia. Ho studiato i luoghi standoci col corpo e non solo con la mente. Ho visto una mostra meravigliosa su come molte persone amanti dell'arte, cercarono di salvare l'arte dalle distruzioni dei bombardamenti nazisti su Firenze. Tantissime opere che dagli Uffizi poi finite in campagna, alcune ritrovate, altre disperse per sempre. C'è un uomo, Rodolfo Siviero che ha dato la caccia per tutta la vita a un'opera attribuita a Michelangelo mai ritrovata. Mi sono interrogata tutta l'estate su dove sia quell'opera oggi (distrutta? in casa di qualcuno?...il cold case dell'arte!) e sull'ossessione di un uomo per quell'opera. (ndR la mostra è Michelangelo Rapito e si trova nel castello di Poppi)
E poi oltre al tempo allargato, ci sono stati tanti incontri. Ho lasciato che il mio corpo ascoltasse le storie di tante persone che ho conosciuto o re-incontrato: ho lasciato che le loro voci, i loro umori, le loro sensazioni mi invadessero, mi toccassero, mi aprissero altro pensiero.
Sono tornata a casa con una tazza di Dante con su scritto Inferno però, perché è la parte di Divina Commedia che ho amato di più quando l'ho studiata all'Università.
Questa newsletter non mi ha intristito, mi ha messo gioia. Mi ha dato altro tempo per pensare (ora il lunedì mattina mentre la leggo). Grazie. La mia ultima domenica di agosto è stata piena di gratitudine e così rientro al lavoro. Gratitudine per questa estate, per il tempo, per i luoghi, per le persone, per la gioia. Perché sono stata bene, perché mi sento bene. Rientro al lavoro con una frase che ieri mi ha detto un insegnante yoga in un workshop: "respira disinteressatamente". Quante intenzioni, interessi, emozioni ficchiamo dentro a un singolo respiro? Certe volte troppa roba. Non avevo mai riflettuto che il respiro deve trovare una sua via, per sciogliere il corpo. Anche in questo caso mi ha aiutato il corpo a far pensare la testa, sentire che piano piano il respiro apriva spazio nel corpo, se non lo caricavo di intenzione.
Se lo zavorriamo, si blocca, si pianta. Voglio trovare il coraggio di respirare più "disinteressatamente" .
Barbara