Se dovete raccontare storie, non dovete spiegazioni a nessuno
Dove si parla della pizza Rossini e degli spaghetti all'assassina, di quanto è bello quando gli scrittori parlano di calcio, di mutandine permalose, di patriarcato e femminismi.
Mi assumo la responsabilità di quello che dico: la pizza Rossini è buonissima. Naturalmente suscita moti di indignazione tendenti al revanscismo in molte persone che hanno una visione piuttosto tradizionalista di come debba essere una pizza. Eppure alla fine non è nulla di troppo sacrilego: si tratta di una margherita a cui, in uscita, vengono aggiunte delle fette d’uovo sodo e una generosa dose di maionese, spesso fatta in casa.
Alberto Grandi ha scritto un libro molto interessante, si chiama “La cucina italiana non esiste” e, a proposito della pizza in questione dice che quello della Rossini è un tipico caso di «invenzione della tradizione», ossia di creazione di una pietanza da zero, attorno alla quale poi viene costruito un certo storytelling (ossia una storia delle sue origini).
«Legare la pizza al nome di uno dei più celebri esponenti della cultura locale è un buon modo per renderla riconoscibile. In questo caso ancora di più, perché da ciò che sappiamo Rossini era un amante della cucina e del buon cibo», spiega Grandi. «L’ipotesi che Rossini abbia portato la maionese nella sua città natale dopo un concerto all’estero è molto suggestiva, ma ovviamente non abbiamo elementi per confermarla».
Probabilmente, uno dei motivi per cui i pesaresi amano così tanto la Rossini ha a che fare con l’infanzia: «è la pizza che mangiavi da piccolo a scuola, dopo una partita a calcio o in pizzeria con gli amici: inevitabilmente, quando cresci finisci per ricercare quei sapori. Ma questo accade con tutti i piatti di questo mondo, non soltanto con la Rossini». Quando mangiano la pizza in posti lontani da Pesaro, molti miei amici chiedono spesso la maionese al cameriere, suscitando più di qualche sguardo meravigliato. E la cosa bella è che accade anche al Sud delle Marche.
La storia degli spaghetti all’assassina, a Bari, è piuttosto simile. Sì, è vero, si tratta del classico piatto del giorno dopo, lo preparavano molte nonne e un solo ristorante. Nati nel 1967 grazie ad un’idea del foggiano - c’è sempre un foggiano in queste storie - Enzo Francavilla, chef di “Al Sorso Preferito”, per omaggiare dei clienti che venivano dal nord decise di preparare questi spaghetti gustosi “risottati” (e bruciati) nella salsa al pomodoro col peperoncino. Alla fine della cena Francavilla andò a chiedere se gli spaghetti fossero stati graditi; gli ospiti risposero sorridendo e ironicamente: “sei un assassino!”, riferendosi all’eccesso di peperoncino. La ricetta fu così gradita che diventò il cavallo di battaglia del ristorante.
Solo da 10 anni a questa parte sono diventati uno dei piatti più richiesti della vecchia/ nuova tradizione barese. Li trovi in tutti i ristoranti e ormai anche per strada.
Insomma, la cucina italiana non esiste, ma lo storytelling sì eccome. E gran parte del successo degli spaghetti all’assassina lo dobbiamo a Gabriella Genisi e al suo Lolita Lobosco. Ai romanzi e alla fiction Rai. Può non piacere ai puristi, ma cosa è davvero puro nella cucina e nella narrazione di oggi? Cosa è davvero tradizionale e cosa viene spinto quotidianamente dalle storie? Tutto questo ci insegna una sola cosa: che non è mai troppo tardi per riscrivere una tradizione. D’altronde questa settimana sono stato anche su un barchino, a Senigallia, a mangiare cozze pescate dall’ex capo ultras dell’Atalanta: il Bocia.
E comunque, se passate da Pesaro, assaggiate una Rossini. A Bari l’assassina ve la offro io. E da te esiste un piatto “tradizionale” esploso di recente?
La cosa più difficile, quando si è adulti, è farsi nuovi amici
Gli amici che ti fai quando hai sedici, diciassette, vent’anni hanno una qualità, hanno una specialità che nella vita sarà poi irripetibile. Avrai altre amicizie, anche molto qualificate, ma qualcuno che ti fosse testimone quando potevi ancora essere tutto. (Michela Murgia).
Meglio prima o meglio dopo? Gli amici migliori, “giusti per noi”, sono quelli che ci capitano davanti quando non siamo ancora nessuno-in-particolare o quelli che scegliamo quando abbiamo imparato a conoscerci? Dipende da come ci si rapporta col proprio passato, naturalmente, e da quanto siano profonde le differenze fra il vecchio e il nuovo sé.
Ne parla in questo pezzo per Lucy Nicola H. Cosentino
Io, l’amicizia, continuo a cercarla nella gente che incontro alle presentazioni dei libri, agli eventi, alle feste, sentendomi a disagio per i miei doppi fini, e impegnandomi così tanto nel non sembrare appiccicoso da ottenere spesso l’effetto contrario, e risultare freddo.
“‘Domani ci prendiamo un caffè?’ è la formula che uso più spesso, nelle pubbliche relazioni. La ripeto forse trecento volte all’anno, ma non ha più la stessa efficacia di un tempo”.
È stata una settimana piena di eventi, questa.
Ho visto il Parma festeggiare la Serie A sul campo del mio Bari, iniziato un corso di podcast con Pablo Trincia, sono andato al teatro Kismet ad ascoltare Nicola Lagioia e Chiara Tagliaferri che parlavano di patriarcato (singolare) e femminismi (al plurale).
Vista così, sembrerebbe un’esistenza confusa. Poi mi sono imbattuto in un pezzo scritto da Paolo Nori scrittore, traduttore e docente di letteratura russa, scritto per Rivista11 nel giorno di una vittoria. Un pezzo che parla di sconfitte:
Mi sbaglierò, ma quando perdi, che poi non perdi te, perdono loro, ma a te ti dispiace, e magari perdi quattro a zero, o cinque a uno, e nell’andare a casa guardi per terra e vedi tutte le foglie, tutte le crepe che ci son sull’asfalto e ti vien da pensare a tutto quello che non va mica bene nella tua vita, a tutte le cose che ti eri ripromesso che le facevi e poi non le hai fatte, tutto il freddo che hai preso, ecco secondo me, quei momenti lì, che te ti chiedi “Ma che vita sto facendo?”, secondo me quelli sono momenti che a me piaccion di più.
Forse cerco nella letteratura una spiegazione razionale a ciò che mi spinge ad andare a seguire il Bari in queste settimane disgraziate. A me, le partite di calcio, mi fanno star male, mi viene un’agitazione che mi sembra, non so come dire, di essere vivo. Ecco, ora so che io allo stadio non vado per divertirmi, vado per star male.
“Nicola, tu sei cresciuto in una famiglia del Sud con tua madre che aveva una sola grande idea per te: tu dovevi essere l’eroe. Io, per la mia famiglia, dovevo essere quella in grado di manutenere e accudire”. (Chiara Tagliaferri)
Con Nicola Lagioia ci siamo dati appuntamento a Torino, Salone del Libro. Ancora non mi sembra vero, condivideremo lo stesso spazio. Lui parlerà di romanzi, io di storytelling. Ci vediamo sabato 11 alle 14.45 in Sala Madrid. Io mi porto il Tristram Shandy:
Io sono Cristiano Carriero, autore e speaker e questa è L’ho fatto a Posta. I posti per il corso di podcast sono finiti, però abbiamo ancora 5 posti per A caccia dell’invisibile, un fine settimana dedicato al poetico in letteratura, tra lezioni e laboratori. Ti lascio un linkino qui.
Dal diario della gratitudine di aprile:
Camminare per le vie di Napoli con Alessandro, il figlio del mio amico Giovanni, in braccio
Pagare un bonifico appena ricevuta la fattura
La telefonata di Maurizio Vedovati che mi fa i complimenti (e si commuove) per il mio libro
Mangiare gli spaghetti con le vongole sul mare e sentire il tintinnio dei gusci nel piatto
Fare l’amore di pomeriggio
I vocali della mia amica Jade quando parla un po’ inglese e un po’ italiano
L’abbraccio con Nicolò dopo ABCD
Fotografare il lungomare di Taranto e pensare a mia mamma
Spalmare la ‘nduja che mi ha portato Marco, da Cosenza, sul pane
Cercare, in un cassetto, una vecchia foto analogica di Francesco, per fargli gli auguri
Mi sono innamorato di questo progetto, si chiama Mutandine Permalose:
Lei si chiama Letizia, e cuce a mano mutandine “in tessuti più rispettosi dei tuoi ex, talismano contro casi umani & patriarcato”.
Se decidete di scriverle, dite che siete passati dalla newsletter di Cristiano. Ho già deciso che la inviterò a Storytelling Festival!
Prossimi appuntamenti e save the date(s)
9/12 maggio Salone del Libro Torino
17/19 maggio A caccia dell’invisibile Bari
17 maggio: BMT Business Marketing Talks Bari (Ciaky) per 7 lezioni di Content Marketing + 1 di storytelling
29 maggio Amazing Puglia, Bari (Mare a Sinistra)
4 giugno, We are storytellers, Marsiglia
13-15 giugno We Make Future, Rimini (parlerò di influencer marketing, presenterò il libro e farò un talk con i newsletterati)
28 e 29 giugno Yell, Barletta
Per il momento e tutto, ti lascio con una citazione di Pablo Trincia, dalla lezione di ieri:
Se dovete raccontare storie, non dovete spiegazioni a nessuno. Che poi è il titolo di questa puntata. Ti abbraccio molto forte.
Ah, un ultima cosa: se ti piace questa newsletter puoi fare un serie di cose. In primis, condividerla e commentarla. Non sono previste forme di sponsorizzazione perché ho scelto volutamente di farla restare uno spazio indipendente, ma se sei una azienda puoi scegliere di supportare lo Storytelling Festival. Sennò puoi offrirmi un caffè! Ora vado, sono andato lungo.